Mese: Novembre 2022

STABILE ORGANIZZAZIONE: COSA PUOI RISCHIARE?

Hai una stabile organizzazione, ovvero un’impresa con sede all’estero ma la tua attività si svolge principalmente nel nostro paese?

Negli ultimi anni sono molti gli imprenditori che hanno delocalizzato la loro attività all’estero per migliorare il carico fiscale sulle loro aziende. Se si ha una stabile organizzazione, quindi, bisogna stare attenti a dichiarare i redditi per non avere problemi con il Fisco.

CHE COSA SUCCEDE SE L’IMPRESA ESTERA SVOLGE IN ITALIA L’ATTIVITÀ E NON DICHIARA I REDDITI PRODOTTI?

Se l’impresa estera svolge in Italia l’attività e non dichiara i redditi prodotti va incontro a conseguenze da non sottovalutare.

Questo fenomeno si definisce stabile organizzazione ed è una situazione molto frequente che può comportare una contestazione con avviso di accertamento da parte di Agenzia delle Entrate.

QUANDO PUÒ CONFIGURARSI?

Quando l’impresa estera ha una sede stabile di affari o mediante persone che agiscono per conto dell’impresa. La sede fissa di affari della società estera può essere:

una sede di direzione; una succursale;

un ufficio; un’officina;

un laboratorio

una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali.

La presenza economica della sede di affari collegata all’impresa non residente deve essere significativa e continuativa.

Anche le attività svolte in Italia in ambito di economia digitale da società estere integrano, dunque, una stabile organizzazione e sono soggette al nostro regime fiscale.

STABILE ORGANIZZAZIONE PERSONALE

La presenza economica di una impresa non residente nel nostro Stato può realizzarsi anche attraverso una stabile organizzazione personale.

In questo caso l’impresa estera conclude affari per mezzo di una persona fisica che agisce in nome e per conto dell’impresa, anche in assenza di una struttura materiale.

Si è in presenza di tale caso quando una persona fisica agisce nel territorio di uno Stato per conto dell’impresa non residente, concludendo contratti o negoziando, potendosi quindi considerare un agente dipendente.

Si tratta, in particolare, di contratti:

stipulati dalla persona fisica in nome dell’impresa;

che riguardano il trasferimento della proprietà o la concessione del diritto di utilizzo di beni di tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare; che sono relativi alla fornitura di servizi da parte dell’impresa.

Il tema della stabile organizzazione è complesso e abbraccia la disciplina fiscale dei diversi stati in cui risiedono l’impresa madre e la sua sede di affari all’estero.

La conoscenza degli elementi tipici di questo istituto è necessaria per comprendere se si sta operando attraverso una stabile organizzazione e quali sono gli adempimenti fiscali da osservare

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AIRE, MANCATA ISCRIZIONE: COSA SUCCEDE?

Prima di tutto è bene capire cosa significa AIRE e chi è fiscalmente residente in Italia.

Sono fiscalmente residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta:

Sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.

Hanno il domicilio ai sensi del codice civile nel territorio dello Stato Hanno la residenza ai sensi del codice civile nel territorio dello Stato.

Le tre casistiche sono alternative tra di loro, questo significa che una persona fisica ha la residenza fiscale in Italia se si trova anche in una sola di esse.

COSA SUCCEDE SE UNA PERSONA SI TRASFERISCE ALL’ESTERO DIMENTICANDOSI DI ISCRIVERSI ALL’ AIRE?

AIRE: per il Fisco italiano sei sempre residente in Italia e devi pagare le tasse in Italia.Questo è quello che è capitato a Giuseppe, che essendosi trasferito all’estero, si era dimenticato di iscriversi Anagrafe degli Italiana residenti all’estero.

Il Fisco gli ha inviato un invito a comparire con cui gli chiedeva di pagare le tasse in Italia. Lui, però, risultava residente fiscalmente in due stati: in Italia e in Inghilterra dove percepiva il reddito. Per risolvere con l’Ufficio questo problema abbiamo fatto riferimento al par. 2 dell’art. 4 della Convenzione contro la doppia imposizione tra Italia e Regno Unito.

Questa norma chiarisce che “quando … una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti … detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale dispone di un’abitazione permanente” ovvero di quello “nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali)”.

TIE-BREAKER RULES

La stessa introduce una serie di regole, le cosiddette tie-breaker rules, volte ad individuare il Paese di residenza del percettore del reddito. In particolare, ai sensi della disposizione appena citata, quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, la sua situazione è determinata nel seguente modo:

  1. Detta persona ha un’abitazione stabile in ciascuno degli Stati contraenti ed è considerata residente dello Stato contraente dove le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali).
  2. Se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente.
  3. Se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità.
  4. Se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti, o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.

RISOLUZIONE DEL CASO

Ebbene, nel 2015 Giuseppe risultava residente nel Regno Unito sulla base di tale disposizione convenzionale, in quanto disponeva solo in tale Stato di una abitazione permanente ed aveva ivi ubicato il proprio centro degli interessi vitali.

Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, egli aveva acquisito in locazione un appartamento nel Regno Unito, e per quanto riguarda il secondo aspetto, egli viveva nel Regno Unito, proprio nel predetto appartamento, con la compagna ha poi contratto matrimonio, prestando la propria attività di lavoro presso la società Blackberry UK Limited nella città di Slough, nella contea di Berkshire.

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EVASIONE FISCALE: ECCO VERA!

Vera, acronimo di “verifica dei rapporti finanziari”, è uno strumento finalizzata a contribuire alle analisi del rischio di evasione fiscale basate sui dati dell’Archivio dei rapporti finanziari. In pratica è intelligenza artificiale, che coadiuverà i funzionari dell’Agenzia delle Entrate (ADE) nella lotta all’evasione fiscale.

Vera

COME FUNZIONA VERA?

Vera utilizza i dati presenti nella Anagrafe tributaria e le informazioni comunicate dagli operatori finanziari all’Archivio dei rapporti finanziari.

Vera consentirà, quindi, l’incrocio fra i dati dell’archivio dei rapporti finanziari con le altre informazioni delle quali l’amministrazione finanziaria è in possesso.

In altri termini, i dati delle app di pagamento potranno essere incrociati con tutti gli altri dati già in possesso dell’ADE per valutare se le operazioni effettuate dal contribuente sono in linea con i rediti che ha dichiarato.

In estrema sintesi, si tratta di un programma analizza i dati per “targettizzare” i potenziali evasori sulla base delle informazioni lasciate sul web.

Vera verrà quindi utilizzata per predisporre delle liste di contribuenti a rischio che verranno poi inviate alle Direzioni regionali e provinciali. Questo consente alle stesse di indirizzare l’ordinaria attività di controllo nei confronti delle posizioni a più elevato rischio di evasione.

EVASIONE FISCALE: QUALI SONO I CRITERI CHE VERRANNO UTILIZZATI?

I criteri che consentono di indirizzare le attività di controllo fiscale si distinguono in base alla tipologia di contribuente (grande contribuente, imprese di medie e piccole dimensioni e persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali).

Per le piccole e medie imprese, alcuni indicatori di rischio sono individuabili, ad esempio:

– nell’esposizione di crediti IVA anomali rispetto ai dati economici ovvero alle particolari disposizioni normative di settore (assenza di aliquote differenziate tra acquisto e vendita); nell’effettuazione di acquisti da soggetti che operano in settori economici non coerenti con la filiera produttiva del soggetto;

– nella presenza di un elevato importo dei costi c.d. “residuali”;

– nella presenza di bassa o costante redditività anche a fronte di ricavi in crescita nel tempo.

Uno strumento come questo può determinare un rafforzamento delle tesi dell’AdE come ente “tiranno”.

Si deve sempre tenere presente che buona parte del contenzioso civile pendente avanti alla Corte di cassazione proviene da impugnazioni proposte proprio dall’Agenzia delle Entrate avverso sentenze favorevoli al contribuente.

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DEBITI FISCALI: COME ESTINGUERLI

Hai dei debiti fiscali e non sai come risolvere?

Spesso le somme richieste da parte dell’Agenzia dell’Entrate ai contribuenti sono così alte che non si riesce a far fronte ai pagamenti; di conseguenza i debiti si accumulano sempre di più nei casi più gravi possono portare al pignoramento dei propri beni.

debiti fiscali

Sappi, però, che esistono delle soluzioni legittime per affrontare e gestire queste situazioni che ti consentono di uscirne e di poter tornare a dormire sonni tranquilli.

QUALI METODI PUOI ADOTTARE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEI DEBITI FISCALI?

Una prima alternativa, che può essere richiesta sia dai privati che dagli imprenditori o dai lavoratori con partita iva, è la rateizzazione.

Questa soluzione permette di suddividere il debito nel corso degli anni a seconda di quanto dovuto. Sarà l’ufficio a determinare il numero di rate. È un’opzione anche d’emergenza per bloccare eventuali azioni esecutive.

Stai attento perché tra la richiesta di rateizzazione e l’accoglimento della stessa passa talvolta del tempo prezioso.

Per i privati e per tutti i soggetti non fallibili, abbiamo la procedura di sovraindebitamento. È una procedura che deve essere applicata tutte quelle volte in cui vi è uno squilibrio tra il patrimonio liquidabile del soggetto e l’esposizione debitoria. È una procedura che consente, quindi, di abbattere il debito in base alla reale capacità del soggetto di far fronte al residuo mediante al pagamento di rate.

Per le imprese abbiamo la composizione negoziata della crisi di impresa.

La composizione negoziata della crisi di impresa è un percorso riservato e stragiudiziale con il quale il legislatore intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.

CHI PUÓ ACCEDERE ALLA PROCEDURA?

Possono accedere alla procedura di composizione negoziata tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, comprese le ditte individuali e le società agricole. Il percorso della composizione è esclusivamente di tipo volontario, quindi attivabile solo dalle imprese che decidono di farvi ricorso.

Se hai dei debiti con il Fisco e non sei esperto in materia, affidati ad un team di professionisti in grado di consigliarti il percorso migliore per la tua situazione.

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ISTANZA DI INTERPELLO: COS’E’?

Sei un imprenditore e non sei sicuro che determinate operazioni che vuoi effettuare con la tua impresa siano corrette dal punto id vista fiscale? Sai che c’è un modo per chiedere al Fisco senza correre rischi con l’istanza di interpello?

QUANDO SI UTILIZZA?

L’interpello è uno strumento efficace per evitare e prevenire eventuali contestazioni da parte dell’Agenzia dell’Entrate.

Businessman signing contract.

È uno strumento con cui L’impresa si rivolge all’Amministrazione Finanziaria prima di attuare un comportamento rilevante dal punto di vista fiscale.

All’istanza l’Agenzia delle Entrate risponde fornendo la propria interpretazione della norma e la soluzione corretta per quel caso specifico in un tempo variabile che di norma va dai 90 ai 120 giorni. Attenzione però.

Questa risposta ha effetti solo per l’azienda che ha presentato l’stanza, ma soprattutto, in caso di verifica fiscale, il Fisco non potrà emettere atti impositivi né applicare sanzioni per comportamenti del contribuente che si siano conformati alla risposta fornita nell’interpello.

Attenzione però ad abusare di questo strumento.

Se la risposta all’istanza di interpello da parte dell’Agenzia dell’Entrate non è ritenuta condivisibile, non c’è alcuna possibilità di opporsi.

QUANTI TIPI DI INTERPELLO ESISTONO?

Dopo aver spiegato a cosa serve l’interpello vediamo quanti tipi di interpello ci sono e quando si usano.

INTERPELLO ORDINARIO

Il primo l’interpello ordinario si utilizza quando si hanno dei dubbi di interpretazione circa l’applicazione di una norma nella fattispecie aziendale o rispetto ad un determinato fatto.

INTERPELLO QUALIFICATORIO

Il secondo qualificatorio si utilizza quando l’impresa vuole invece sapere quale normativa fiscale va applicata in merito a fatti come la vendita dell’azienda, la stabile organizzazione o come inquadrare una determinata spesa.

È importante che in questo caso l’azienda fornisca nell’istanza una propria interpretazione dei fatti in quanto se il Fisco non dovesse rispondere entro 90 giorni, il silenzio è da considerarsi confermativo

della soluzione proposta.

Quando uso invece l’interpello probatorio?

Quando l’azienda ha necessità di ricevere chiarimenti in merito ai requisiti e agli elementi richiesti dalla legge per accedere a determinati regimi fiscali agevolati. In questo caso il Fisco deve rispondere entro 120 giorni e, anche qui, in caso di mancata disposta vale il tacito assenso.

Ma le forme di interpello non finiscono qui.

INTERPELLO ANTIABUSO

L’interpello antiabuso viene utilizzato quando si vuole chiedere all’Amministrazione Finanziaria se una determinata operazione effettuata dal contribuente presenti elementi tali da essere considerata abusiva e far decadere i vantaggi fiscali ottenuti dall’azienda.

L’abuso del diritto è quel comportamento che, pur non violando apertamente il contenuto di una norma fiscale, la interpreta in maniera ingiustificatamente favorevole al contribuente, ponendosi in

contrasto con gli interessi che la norma intendeva proteggere.

Con l’interpello anti-abuso, appunto, l’azienda evita di ricevere eventuali sanzioni per comportamenti fiscali scorretti. Anche in questo caso l’Agenzia delle Entrate ha tempo 120 giorni per rispondere.

INTERPELLO DISAPPLICATIVO

L’interpello disapplicativo, infine, è una procedura obbligatoria con la quale una determinata azienda chiede la disapplicazione, al suo caso specifico, di una norma tributaria antielusiva.

Ci sono delle norme tributarie che per prevenire o contrastare i comportamenti potenzialmente elusivi dei contribuenti impongono preventivamente delle limitazioni alle deduzioni, alle detrazioni, ai crediti d’imposta o ad altri diritti del contribuente, senza andare a verificare, di volta in volta, le ragioni di ogni singola condotta.

Se però il contribuente ritiene che nel suo caso il comportamento oggetto di limitazione non sia stato adottato con lo scopo di aggirare le norme fiscali, potrà spiegare le sue ragioni all’Amministrazione con l’interpello e chiedere, appunto, la disapplicazione di quella norma.

Questa è una formula particolare perché in questo caso l’azienda deve provare la sua volontà a non aggirare le norme fiscali, pena l’applicazione di sanzioni dai 2.000 ai 21.000 euro. In caso di risposta negativa da parte del Fisco che deve pervenire sempre entro 120 giorni, l’impresa può presentare un ricorso tributario.

E arriviamo all’ultimo interpello, quello per i nuovi investimenti.

INTERPELLO PER I NUOVI INVESTIMENTI

In questo caso ci si rivolge all’Amministrazione Finanziaria quando l’azienda deve effettuare investimenti in Italia per importi non inferiori ai 15 milioni di e ha dubbi in merito al trattamento fiscale da applicare.

Il Fisco deve rispondere entro 120 gg e qualsiasi atto di natura impositiva emesso in difformità alla risposta contenuta nell’istanza di interpello deve ritenersi nullo.

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ISTANZA DI FALLIMENTO: USI

Non riesci più a pagare regolarmente i tuoi fornitori, le bollette, i dipendenti e temi che questa temporanea difficoltà possa tradursi in uno stato di sistematica insolvenza?La tua esposizione debitoria con il Fisco è così grossa che hai paura di non poter più far fronte a tutti i tuoi creditori e dover procedere con un istanza di fallimento?

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Secondo uno studio realizzato dall’Istat , nel primo trimestre del 2022 si sono registrati aumenti significativi di fallimenti soprattutto nei settori di alloggio e ristorazione (+22,5%) e nelle costruzioni (+16,6%).

Un dato molto preoccupante, che evidenzia la situazione difficile che affrontano le aziende e gli imprenditori italiani in questo momento storico particolare.

Sicuramente l’istanza di fallimento rappresenta il momento più triste e più sofferto per un imprenditore che si ritrova in Tribunale per assistere alla fine della sua azienda.

Ci sono casi, però, in cui è ancora possibile fare qualcosa, ma è necessario che l’azienda si doti di tutti gli strumenti messi a disposizione dal legislatore per intervenire prima che sia troppo tardi.

COS’È UN ISTANZA DI FALLIMENTO?

L’istanza di fallimento è un atto attraverso il quale viene richiesto alla Pubblica Autorità di aprire una procedura fallimentare nei confronti di un determinato imprenditore. Forse ti starai chiedendo se il Fisco può chiedere il Fallimento per debiti fiscali e la risposta è sì!

L’Ente creditore potrà chiedere al Tribunale competente di dichiarare il fallimento della società debitrice.

Per avanzare tale richiesta risulterà sufficiente che l’Agente della riscossione alleghi alla domanda il semplice ruolo esattoriale senza che risulti necessaria la preventiva notifica di un avviso o di una precedente azione esecutiva.

Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza, entrato in vigore di recente, ha rivisto verso il basso le soglie oltre le quali l’ente creditore può chiedere l’avvio della procedura fallimentare. Per questo, se la tua azienda si trova in uno stato di crisi con una situazione debitoria oltre 500 mila euro, ti consiglio di agire il prima possibile ed evitare che la situazione precipiti.

Come agire prima che sia troppo tardi?

Esiste uno strumento che può essere utilizzato oggi per ridurre il proprio debito verso il Fisco fino all’80%: il concordato preventivo

Insomma, oggi è possibile prevenire l’istanza di fallimento rinegoziando i debiti dell’azienda con fisco.

In altre parole, la transazione fiscale è quello strumento che permette agli imprenditori che non riescono a onorare le scadenze, di avere un “Piano B” e di ottenere fortissimi sconti per risollevare le sorti dell’azienda.

In un periodo storico in cui ci troviamo ad affrontare la ripresa dei pagamenti con le banche, il periodo di riorganizzazione delle attività dopo il Covid-19, la crisi del conflitto Russia – Ucraina e il conseguente rincaro del costo dell’energia, avere accesso a uno strumento come questo può decretare il salvataggio di un’azienda.

Se sei in una situazione di difficoltà con il Fisco, affidati al nostro team di esperti professionisti in grado di guidarti verso la soluzione migliore per il tuo caso specifico. Per rimanere sempre aggiornato in materia tributaria visita il nostro blog.

FASE DI ACCERTAMENTO E INUTILIZZABILITÁ DELLE PROVE

Cosa succede se il consulente che hai incaricato per difenderti dinanzi al Fisco non esibisce i documenti che provano la correttezza della tua impostazione Fiscale in fase di accertamento?

Può questo comportamento può essere ritenuto causa di forza maggiore idoneo ad escludere la tua responsabilità in fase di accertamento?

Vediamo di capirlo insieme.

Risulta interessante una sentenza recente della Corte di Cassazione.

FASE DI ACCERTAMENTO: I FATTI

L’azienda coinvolta nella vicenda aveva impugnano un avviso di accertamento riferito alla mancata presentazione dei documenti contabili necessari al Fisco, dimostrando di aver querelato il consulente responsabile di non aver dato quanto richiesto.

La Corte (sentenza 6092 del 2022) ha accolto il ricorso sostenendo che la mancata presentazione dei documenti non era stata determinata da loro, bensì da un soggetto esterno e che tale condotta non era né prevedibile né inevitabile.

Se il giudice accerta che le cause della mancata presentazione della documentazione non sono imputabili al contribuente, queste non possono essere considerate come un rifiuto volontario a collaborare col fisco.

Il soggetto, quindi, non può essere sanzionato, come la legge prevederebbe in questi casi.

Qui ci sono certamente gli estremi per imputare la causa a una forza maggiore. Il problema, infatti, è stato causato dal comportamento scorretto del consulente responsabile e non del soggetto contribuente.

Notizia confortante quindi!

IN CONCLUSIONE…

La contestazione di inutilizzabilità delle prove non fornite in sede di accertamento si può superare in fase d’appello dimostrando che quanto è accaduto esulava dalla tua volontà.

Se pensi di trovarti anche te in una situazione fiscale complessa, non agire da solo, ma affidati ad un team di professionisti esperti in grado di consigliarti il percorso migliore.

Per rimanere sempre aggiornato nell’ambito di materia tributaria, visita il nostro blog e se anche tu hai problemi con il fisco e non sai come gestirli, affidati al team di esperti di 4tax.

FLAT TAX: PUÓ DIVENTARE UNA TASSA PROGRESSIVA?

In questo periodo si parla di flat tax in Italia. E in molti si chiedono come sarà e se violi davvero la Costituzione.

COSA SIGNIFICA FLAT TAX?

La flat tax è un’imposta con un’aliquota unica per tutti, proporzionale rispetto al reddito complessivo, e nella misura del 15%. Per intenderci è un’imposta che si applica a prescindere dal reddito prodotto.

Se hai un reddito di 10.000, con un’aliquota ad esempio del 10 per cento, pagherai un’imposta pari a 1000. Se hai un reddito da 100.000 euro pagherai 10.000 euro e così via.

Quindi la tassa piatta – la flat tax appunto – non è progressiva e proporzionale rispetto al reddito prodotto. Caratteristiche che invece l’IRPEF attuale ha, nel pieno rispetto della nostra costituzione e dell’art. 53.

L’IRPEF, in qualità di imposta progressiva e proporzionale, cresce o diminuisce in modo più che proporzionale rispetto all’aumento o alla diminuzione del reddito.

Infatti

fino a euro 15.000,00         23%

da 15.001,00 fino a 28.000,00 euro          25%

da 28.001 fino a 50.000 euro         35%

oltre 50.001 euro      43%

In questo modo il sistema oggi garantisce che i redditi più alti contribuiscano di più al finanziamento dei servizi pubblici (scuole, sanità etc.), non solo perché pagano di più in termini assoluti, ma proprio perché sono tassati con aliquote più alte.

Tutto questi è previsto nell’art. 53 della Costituzione.

Il tema è che la tassa piatta sembrerebbe contrastare con questo principio fondamentale.

E allora come si può risolvere? Ma può diventare progressiva e non essere anticostituzionale?

Probabilmente un modo c’è.

Se si affianca l’aliquota unica per tutti ad un sistema di deduzioni e detrazioni fiscali articolato in base al reddito e alle caratteristiche del nucleo famigliare, la flat tax può diventare compatibile con la progressività.

Sotto una certa soglia, i redditi sarebbero esenti dal pagamento dell’imposta, mentre oltre un certo reddito non ci sarebbe nessuna detrazione, all’interno della forbice, infine, le detrazioni e le deduzioni sarebbero modulate in base a determinati parametri predeterminati che garantirebbero la progressività dell’imposta.

Proprio grazie a questi correttivi si parla di flat tax progressiva che, nonostante l’aliquota fissa, non oltraggerebbe comunque l’articolo 53 della Costituzione. Per rimanere sempre aggiornato in materia tributaria, visita il nostro blog

ESTRATTO DEBITORIO: LO STRUMENTO PER CAPIRE LA TUA POSIZIONE FISCALE!

Tasse troppo alte, lungaggini burocratiche e spesso senza nemmeno capirlo ci si ritrova con il debito fiscale; molti imprenditori non riescono a capacitarsi di come sia stato possibile e non sanno come gestire questa situazione davvero scomoda. In questi casi è fondamentale capire il primo passo da compiere, ovvero analizzare il debito fiscale attraverso l’estratto debitorio.

Silhouette of two men pushing and pulling debt weight boxes stacking for debt and financial freedom concept.

Che cos’è l’estratto debitorio?

È un documento rilasciato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione che contiene tutti i vostri debiti a partire dal 2000; per ognuno viene evidenziato se è stato pagato, se è in scadenza, se è scaduto o se è un debito rateizzato.

COME SI OTTIENE L’ESTRATTO DEBITORIO?

Ci sono tre modi per richiederlo.

  1. Recarsi all’ufficio più vicino dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione. La richiesta dell’estratto può essere presentata recandosi personalmente o incaricando altro soggetto munito di delega presso lo sportello dell’Agenzia Entrate Riscossione.
  2. Online, tramite il tuo SPID. In questo caso devi accedere al sito di Agenzia Entrate Riscossione nella sezione “servizi on line”. Una volta effettuato l’accesso puoi scaricare la tua situazione debitoria con un semplice click.
  3. Inviando a mezzo PEC il modello RD1

L’estratto è importante perché, come dicevo prima, può aiutarti a capire quale sia la tua reale esposizione debitoria nei confronti del fisco.Dalla lettura del dettaglio dei debiti, infatti, potrai capire, ad esempio, se il tuo debito è prescritto o se ex Equitalia ha commesso qualche passo falso e quindi adottare le contromisure più opportune.

Se pensi di avere debiti con il Fisco e non sai come fare ad affrontare la situazione, chiedi questo documento e rivolgiti ad un team di esperti professionisti in grado di offrirti la soluzione migliore per il tuo caso specifico.

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Guarda il nostro video sull’estratto debitorio!

ACCERTAMENTO CON ADESIONE

SAI COS’È L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE?

L’accertamento con adesione, te lo ricorderai, è quel procedimento che consente al Fisco e al contribuente di trovare un accordo in fase di accertamento fiscale in modo da evitare lunghi processi contro l’Amministrazione finanziaria.

Accertamento con adesione.

A questo procedimento possono aderire tutti i contribuenti e vale per tutte le imposte dirette e per le principali imposte indirette senza vincoli di importo. Se questo procedimento si conclude con esito positivo il contribuente usufruisce della riduzione delle sanzioni a un terzo.

Bene, ma che valore hanno i documenti redatti in sede di accertamento nel momento in cui non si raggiunge nessun accordo? Il Fisco, e quindi il giudice, possono utilizzare i documenti prodotti in un procedimento di accertamento con adesione non perfezionato come prove determinanti per decidere la causa?

Ebbene, la risposta è !

Con l’ordinanza n. 6391/2022 la Corte di Cassazione si esprime favorevole al suo utilizzo.

Quello che ancora non è del tutto chiaro è fino a che punto questi documenti possono davvero essere decisivi in sede processuale.

Il giudice, inoltre, può valutare anche la condotta delle parti per stabilire se il mancato perfezionamento è stato causato da eventi non riconducili a loro. In questo modo si evita che venga estremizzata l’una o l’altra tesi e si mantiene così una condotta piuttosto equa.

Risulta quindi chiaro che in ogni caso il documento conserva tutta la sua validità, motivo per cui è bene sempre fare attenzione a quanto si dichiara e si verbalizza durante il processo di accertamento. Per evitare eventuali sanzioni o situazioni complesse che possono portarti a compiere degli errori, rivolgiti sempre ad un team di professionisti in grado di suggerirti il percorso migliore per la tua situazione.

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