Processo verbale di constatazione: come orientarsi!

Il processo verbale di constatazione (PVC) dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza è un atto amministrativo con cui si documenta formalmente l’attività di controllo e di verifica fiscale, eseguita presso la sede del contribuente (sede legale nel caso di società o residenza nel caso di persona fisica).

Si tratta di un’attività necessaria ai fini dell’emissione degli accertamenti fiscali.

All’interno del processo verbale di constatazione vengono riportate le irregolarità, le violazioni di legge e gli adempimenti contestati al contribuente nell’ambito della sua attività di impresa o di lavoro autonomo.

Per saperne di più clicca qui per guardare il nostro video.

1. La normativa applicabile al processo verbale di constatazione

La normativa che disciplina le modalità di emissione del processo verbale di constatazione è contenuta:

  • nell’art. 24 della legge n. 4 del 1929;
  • nell’art.  52 del d.p.r. n. 633 del 1972;
  • nell’art. 12, comma 7, della legge 212 del 2000.

2. Il processo verbale di notifica giornaliero

Nell’ambito delle verifiche intraprese a carico di un determinato contribuente, un ruolo di assoluta importanza ha il processo verbale di notifica giornaliero.

Si tratta, in sostanza, di un processo verbale delle operazioni compiute in un dato giorno, che ha l’obiettivo di sintetizzare le attività di controllo svolte, con tutte le operazioni e i dati reperiti nel corso della verifica.

Il processo verbale di notifica giornaliero viene spesso poco considerato sia dai soggetti sottoposti a verifica fiscale sia dai consulenti, che spesso lo ritengono poco rilevante.

A nostro avviso, invece, tale processo verbale è molto importante perché laddove dovessero ravvisarsi degli errori di notevole importanza nell’ambito della verifica fiscale vi sarebbe la possibilità di contestare l’operato del Fisco, presentando delle dichiarazioni (anche per il tramite di un avvocato tributarista).

3. La notifica del processo verbale di constatazione: cosa fare?

Quando il processo verbale di constatazione viene notificato al contribuente bisogna innanzi tutto capire se le contestazioni operate sono fondate. La parte fondamentale è la sezione conclusiva, che riassume i rilievi contenuti nel PVC, dando evidenzia:

  • delle violazioni riscontrate;
  • delle eventuali dichiarazioni rilasciate dal contribuente;
  • delle maggiori imposte dovute, con le relative sanzioni amministrative;
  • degli allegati.

Se le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza sono concrete e motivate, la soluzione più corretta è procedere al pagamento delle imposte richieste mediante l’istituto del ravvedimento operoso. In tal caso, l’articolo 13, comma 1, lettera b-quater, del decreto n. 472 del 1997, prevede la riduzione delle sanzioni a 1/5 rispetto a quelle applicabili.

Qualora, invece, le contestazioni operate dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza fossero errate è opportuno presentare delle memorie difensive al PVC: le cosiddette osservazioni al PVC.

4. Osservazioni al PVC

Le osservazioni al PVC sono uno strumento che il contribuente ha la facoltà di utilizzare ove voglia contestare, dopo il PVC, le conclusioni cui è pervenuta l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza.

È importante notare che le osservazioni al PVC (art 12 Statuto del contribuente), devono essere notificate entro 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione.

Le osservazioni al PVC rivestono un’importanza assoluta in quanto non sempre le contestazioni operate dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza a seguito della verifica fiscale sono fondate.

Ove, quindi, vengano ravvisati errori da parte dell’Amministrazione Finanziaria è sempre bene predisporre tali osservazioni, con l’obiettivo di evitare che la contestazione operata nel PVC possa essere inclusa nell’avviso di accertamento.

5. Processo verbale di constatazione impugnazione

Occorre evidenziare che il processo verbale di constatazione non è un atto impugnabile.

Esso, infatti, non figura tra gli atti indicati nell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992.

Avverso il processo verbale non è quindi possibile predisporre un ricorso tributario, ma è soltanto possibile presentare le osservazioni al PVC di cui abbiamo parlato.

6. PVC guardia di finanza nullo: è possibile?

È corretto parlare di nullità del processo verbale di constatazione?

In realtà, sulla base degli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento tributario, non è tecnicamente corretto parlare di nullità.

L’obiettivo cui può mirare il contribuente – cui sia stato notificato un processo verbale di constatazione – è dimostrare, attraverso la presentazione di osservazioni al PVC, che le conclusioni dello stesso sono infondate e convincere l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente a non emettere l’avviso di accertamento.

In quest’ottica l’attività difensiva – operata dal contribuente – deve obbligatoriamente essere valutata dall’Ufficio, pena la nullità dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate per vizio di motivazione.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni puoi inviarci una mail all’indirizzo 4tax.it@4tax.it o compilare il form di contatto qui sotto.

Transazione fiscale: cosa è cambiato con le nuove regole?

La transazione fiscale è una particolare procedura avente natura transattiva (art 182 ter legge fallimentare) che si instaura nell’ambito del concordato preventivo (art 160 l fall) e nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione del debito (art 182 bis legge fallimentare).

L’obiettivo di tale procedura, chiamata anche concordato fiscale, è quello di consentire all’imprenditore in stato di crisi di ottenere una riduzione e/o una dilazione dei debiti tributari accertati dall’Agenzia delle Entrate.

Si tratta di uno strumento con cui le parti, impresa e Agenzia delle Entrate, tentano di trovare un punto di incontro tra le pretese erariali, da un lato, e il proseguimento della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali, dall’altro.

È al riguardo da notare che la normativa è stata di recente modificata. In particolare, con l’entrata in vigore dell’articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 125 del 2020, che ha modificato l’articolo 180, comma 4, e l’articolo 182-bis della legge fallimentare. Sulla base di tali modifiche, il Tribunale – se ritiene, sulla base dei risultati del professionista attestatore, che la proposta dell’imprenditore sia migliorativa rispetto all’ alternativa liquidatoria dell’impresa – può omologare il piano di concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza di adesione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Attesa l’importanza delle modifiche apportate dal legislatore alla legge fallimentare è di recente intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la circolare n 34/E del 29 dicembre 2020.

1. L’ambito di applicazione della transazione fiscale

La transazione fiscale trova applicazione in riferimento ai tributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate. Si tratta, a titolo esemplificativo, delle seguenti imposte e tributi: IRES, IRPEF, IVA, IRAP, ritenute e addizionali, imposta sostitutiva sui finanziamenti, imposta di registro, imposte ipotecarie catastali, etc.

Rientrano nel campo di applicazione della transazione fiscale anche i tributi che costituiscono risorse dell’Unione Europea.

Transazione fiscale tributi locali: tale procedura non è applicabile per i tributi locali.

2. Il professionista attestatore: un professionista indipendente

Nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione del debito un ruolo essenziale, ai fini della riuscita della transazione fiscale, è ricoperto dal professionista attestatore.

Il ruolo di tale professionista è di particolare importanza in quanto lo stesso, ai fini della composizione della crisi di impresa, ha l’obbligo di attestare la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità concreta dell’accordo tra impresa e creditori.

Sulla base delle modifiche normative di recente operate, l’attestazione del professionista è uno degli elementi sulla base dei quali il Tribunale può omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione del debito, anche in assenza del voto o dell’adesione dell’Agenzia delle Entrate.

L’obiettivo della relazione del professionista attestatore è quindi segnatamente quello di tutelare i terzi e i creditori estranei al piano di risanamento al fine di rafforzare la credibilità degli impegni assunti dal debitore mediante il piano assunto.

Il professionista attestatore, che sulla base delle recenti modifiche normative deve essere un professionista indipendente, ha il compito di attestare la veridicità dei dati contabili, dai quali emerge la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa, nonché il compito di attestare la fattibilità e sostenibilità del piano di risanamento aziendale. La relazione del professionista, infatti, rappresenta il supporto su cui si fondano le proposte di soddisfacimento dei creditori, che non possono essere inferiori rispetto a quanto ricavabile nel caso di liquidazione fallimentare, tenuto conto delle cause di prelazione

3. La transazione fiscale nel concordato preventivo

Deve essere evidenziato che la transazione tributaria non è una transazione nel senso dell’articolo 1965 del codice civile.

Non può nemmeno definirsi un accordo di diritto privato.

Con il termine transazione fiscale si indicano le modalità con cui nell’ambito del concordato preventivo e nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art 182 bis) il debitore può ottenere una riduzione e/o una dilazione del proprio debito fiscale e previdenziale.

Per quanto riguarda il concordato preventivo, la legge fallimentare non stabilisce alcun vincolo all’abbattimento del credito erariale, a condizione che:

  • la proposta concordataria risulti migliore rispetto alla liquidazione della società soggetta a procedura concordataria;
  • i crediti tributari (assistiti da privilegio e non) non abbiano un trattamento deteriore rispetto a crediti di rango inferiore.

Di fondamentale importanza, nell’ambito del concordato preventivo è la relazione del professionista attestatore: tale relazione deve contenere tutti gli elementi necessari a dimostrare che la proposta nell’ambito di tale procedura sia più vantaggiosa per i crediti tributari dell’Agenzia delle Entrate rispetto all’ipotesi della liquidazione della società.

L’attestazione deve in particolare dare evidenza quale sia la soluzione in termini di maggiore apporto, rappresentato in via alternativa:

  • dai flussi economici che genera la continuità aziendale;
  • dall’esito della liquidazione fallimentare.

Tale relazione non è vincolante per l’Agenzia delle Entrate, che può comunque esprimere un parere negativo.

La valutazione della fattibilità giuridica ed economica della proposta e del piano viene eseguita da parte del commissario giudiziale. L’Agenzia delle Entrate, ove non intenda aderire alla transazione fiscale, deve fornire una puntuale motivazione, idonea a confutare in modo certo le osservazioni formulate dal commissario giudiziale.

4. La transazione fiscale nell’accordo di ristrutturazione dei debiti

Per quanto riguarda la transazione fiscale nell’accordo di ristrutturazione, la disciplina non cambia rispetto a quella descritta nel concordato preventivo fatta eccezione per i necessari adattamenti in relazione al diverso tipo di definizione concorsuale.

La differenza rispetto al concordato preventivo risiede nel fatto che l’adesione dell’Agenzia delle Entrate è vincolante per l’abbattimento del debito tributario: i creditori che dissentono dal piano possono rappresentare massimo il 40 per cento dei crediti e devono essere pagati entro 120 giorni dall’omologa o dalla scadenza (se il credito non è ancora scaduto alla data di omologazione).

Alla luce dell’articolo 182-ter, comma 5, della legge fallimentare, la relazione del professionista attestatore deve avere ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto con riferimento ai crediti tributari rispetto alla liquidazione.

La relazione del professionista attestatore deve avere ad oggetto:

  • la veridicità dei dati dell’azienda soggetta a procedura;
  • l’attuabilità dell’accordo;
  • la convenienza del trattamento proposto dei crediti tributari rispetto alla liquidazione della società.

Il professionista attestatore deve quindi compiere una valutazione molto simile a quella richiesta in caso di concordato preventivo.

5. La condotta e i precedenti fiscali del contribuente

La condotta del contribuente non è generalmente esaminata nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e nell’ambito del concordato preventivo, ai fini della transazione fiscale: la valutazione in merito alla convenienza della proposta di trattamento del credito tributario non è quindi generalmente influenzata dall’operato del contribuente stesso.

Deve però evidenziarsi che ove vengano ravvisate delle condotte del contribuente volte a operare attività distrattive o decettive del patrimonio aziendale – con cui si incide direttamente sulla veridicità dei dati – le stesse possono influenzare negativamente la proposta transattiva.

Si pensi ad esempio:

  • alla simulazione della cessione di asset aziendali a soggetti correlati all’impresa;
  • alla conclusione di atti liberali non giustificati;
  • alle operazioni di riorganizzazione aziendale, finalizzate alla creazione di una bad company da sottoporre alla procedura;
  • l’uso di fatture per operazioni inesistenti.

Se dovessero pertanto emergere condotte di questo tipo, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate deve effettuare una segnalazione al commissario giudiziale che ha il compito di revocare la procedura.

Per quanto riguarda i precedenti fiscali del contribuente, gli stessi non sono generalmente esaminati in sede di valutazione della proposta di transazione fiscale.

Anche se tali comportamenti sono normalmente oggetto di verifica nel corso delle attività di controllo fiscale e di verifica fiscale, non è esclusa una verifica in sede di procedura.

Una particolare importanza, in tal caso, rivestono i casi di frode come l’uso di falsa documentazione, di artifizi, di raggiri e/o la conclusione di operazioni simulate.

Si tratta, in sostanza, di condotte che denotano l’assenza di uno spirito di collaborazione e di trasparenza da parte del contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Qualora emergessero ipotesi di questo tipo, l’Amministrazione Finanziaria può imporre ai propri Uffici una particolare attenzione alla documentazione del contribuente che deve essere analizzata in maniera compiuta anche a discapito della celerità della procedura.

6. La rateizzazione del credito tributario nella transazione fiscale

Non vi è una regola generale per la rateizzazione del credito tributario nell’ambito della transazione fiscale.

Nel caso di concordato preventivo, è necessario effettuare una valutazione caso per caso tenendo conto delle caratteristiche della procedura e della fattispecie da esaminare.

Fattori che debbono essere valutati a tal fine sono:

  • il patrimonio, la natura e il know-how dell’azienda;
  • i rapporti commerciali e la concorrenza dell’azienda;
  • le aspettative di sviluppo del mercato;
  • l’ammontare complessivo del debito e la convenienza della proposta.

Sotto il profilo temporale, non vi è uno schema preordinato da seguire. Può essere infatti effettuata una valutazione positiva anche con riferimento a proposte di pagamento dilazionato basate su archi temporali lunghi (a condizione che l’azienda fornisca delle motivazioni oggettive).

L’obiettivo è quello di pervenire ad un accordo che sia sostenibile per l’azienda sottoposta a procedura.

7. Percentuali di ristoro e creditori strategici nella transazione fiscale

È importante notare che, ai fini della transazione fiscale, non vi è una percentuale di ristoro predefinita in base alla quale l’Agenzia delle Entrate può ritenersi soddisfatta nell’ambito del concordato preventivo. L’unica regola a cui occorre attenersi è quella secondo cui la proposta di soddisfacimento del credito tributario non deve essere inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dell’impresa.

Per quanto concerne invece gli accordi di ristrutturazione dei debiti, pattuizioni volte ad estendere gli effetti remissori della transazione a favore dei coobbligati non possono considerarsi automaticamente ostative per l’accoglimento della proposta transattiva.

Si rammenta, poi, il principio generale del trattamento non deteriore per i crediti dell’erario. Tale principio è derogabile – nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti – solamente in presenza di creditori a valenza strategica, ritenuti imprescindibili ai fini della continuità aziendale.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni compila il form.

Accertamento bancario Agenzia delle Entrate

L’accertamento bancario è uno dei principali strumenti utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per individuare i redditi evasi da parte delle imprese e da parte delle persone fisiche. Si tratta, in sostanza, di indagini finanziarie che vengono effettuate dall’Agenzia delle Entrate (amministrazione finanziaria) per controllare i movimenti bancari del contribuente. L’obiettivo del Fisco è controllare la corrispondenza di ogni singola movimentazione effettuata dal contribuente (versamenti bancari e prelievi) con i redditi dichiarati da quest’ultimo ai fini dell’accertamento del maggior reddito.

In quest’articolo spieghiamo come funziona e come ci si può difendere dalle richieste effettuate dall’Agenzia delle Entrate mediante la notifica al contribuente di un avviso di accertamento bancario.

1. Accertamento bancario Agenzia delle Entrate: a chi è rivolto?

L’accertamento bancario può essere effettuato dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza nei confronti di :

  • imprenditori;
  • professionisti:
  • un lavoratore autonomo;
  • imprese.

Tali soggetti possono essere oggetto di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate e da parte della Guardia di Finanza (sia come titolari dei conto sia come cointestatari).

Occorre notare che nell’accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate:

  • può utilizzare nei confronti del contribuente anche le movimentazioni relative ai conti correnti di altri soggetti;
  • può imputare all’impresa le movimentazioni transitate sui conti correnti intestati al socio, all’amministratore o ai relativi familiari.

In questi casi, l’onere della prova spetta al Fisco. L’Agenzia delle Entrate deve in particolare dimostrare che il soggetto a cui è intestato il conto corrente è solo formalmente il titolale, dovendosi invece attribuire le movimentazioni finanziarie effettuate (versamenti e prelevamenti) ad un altro contribuente.

2. Accertamento bancario Agenzia delle Entrate: come funziona?

Con l’accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate analizza le movimentazioni rilevate sul conto corrente bancario del contribuente con l’intento di accertare redditi sottratti a tassazione. L’obiettivo degli uffici finanziari è dimostrare che i versamenti e i prelevamenti effettuati si riferiscono ad operazioni imponibili ai fini reddituali che non sono stati dichiarati.

Gli accertamenti relativi ai maggiori redditi da recuperare a tassazione considerano:

  • i versamenti, se il contribuente non dimostra(i) che li ha considerati in dichiarazione o (ii) che non avrebbe dovuto considerarli ai fini della dichiarazione;
  • i prelevamenti, se il contribuente non dimostra chi è il beneficiario degli importi.

3. Cosa considera l’Agenzia delle Entrate nell’ambito di un accertamento bancario?

L’accertamento bancario Agenzia delle Entrate considera:

  • il conto corrente del contribuente;
  • il libretto deposito del contribuente;
  • il conto titoli;
  • le operazioni effettuate al di fuori del conto corrente.

Detto ciò, è innanzi tutto importante sapere che l’accertamento bancario dell’Agenzia delle Entrate costituisce una presunzione legale di tipo relativo.

Che cosa significa?

Ciò significa che è riconosciuta al contribuente la possibilità di dimostrare che – diversamente da quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento – le movimentazioni rilevate sul proprio conto non hanno rilevanza ai fini delle imposte sui redditi. Anche se tale prova contraria è talvolta difficile da produrre (spesso si tratta di molti documenti), il nostro consiglio è quello ti fornire una giustificazione completa di tutte le movimentazioni operate sul conto. Così facendo, si avranno molte più possibilità di dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato.

4. Il Fisco può attribuire alla società i movimenti registrati sui conti correnti dei soci?

Sì. L’Agenzia delle Entrate può attribuire alla società le movimentazioni bancarie registrate sui conti correnti dei relativi soci (se viene dimostrato che sul conto del socio sono transitate delle somme imputabili alla società e da questa non dichiarate).

Tali considerazioni valgono sia per le società di persone sia per le società di capitali a ristretta base azionaria.

5. Accertamento bancario Agenzia delle Entrate: la difesa del contribuente!

Nell’ambito di un accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate invita solitamente il contribuente a fornire tutti gli elementi necessari per dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato. Ciò che di norma chiede l’Agenzia delle Entrate ad un contribuente sottoposto a un’indagine finanziaria è la ricostruzione delle movimentazioni finanziarie a lui riconducibili al fine di dimostrare che le stesse non costituiscono redditi sottratti a tassazione.

Questa prassi, è bene precisare, non è obbligatoria: la mancata convocazione del contribuente ai fini del contraddittorio non determina infatti la nullità dell’accertamento bancario (si veda la sentenza della Corte di Cassazione 13 maggio 2003, n. 7329).

A nostro avviso tale soluzione interpretativa penalizza il contribuente. Anche se è possibile dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato nel corso del contenzioso tributario, avere la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria relativa alle movimentazioni oggetto di contestazione nell’ambito di un contraddittorio con l’Ufficio eviterebbe molti dei contenziosi tributari in essere.

Detto ciò, ove per effetto delle indagini bancarie l’Agenzia delle Entrate notifichi al contribuente un avviso di accertamento, quest’ultimo ha comunque la possibilità di presentare un ricorso tributario dinanzi alla Commissione Tributaria territorialmente competente. Nell’ambito del ricorso tributario, sono molteplici gli aspetti che l’avvocato tributarista può sottoporre all’attenzione della Commissione Tributari. I profili di illegittimità che contraddistinguono l’accertamento bancario possono riguardare:

– le soglie elle movimentazioni;

– la motivazione dell’avviso di accertamento;

– l’autorizzazione dell’Ufficio allo svolgimento delle indagini bancarie;

– il presupposto della interposizione fittizia contestata dall’Ufficio;

– la valorizzazione della documentazione prodotta dal contribuente per giustificare le movimentazioni oggetto di contestazione.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni compila il form.

Cartelle di pagamento e Covid-19: cosa occorre sapere

Cosa devi fare se hai ricevuto una cartella di pagamento prima della sospensione Covid-19?

Cartelle di pagamento ed emergenza Covid-19.

Le cose che bisogna sapere se (1) hai ricevuto una cartella di pagamento prima dell’8 marzo 2020, se (2) hai aderito alla “Rottamazione ter” e/o al saldo e stralcio.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione è intervenuta con alcune FAQ per chiarire cosa bisogna fare. Ne parliamo qui!

Fino a quando opera la sospensione per i pagamenti e quando devo pagare ciò che devo all’Erario?

Il termine “finale” di sospensione del versamento  di tutte le entrate derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione è previsto per il 31 dicembre 2020.

Se il contribuente ha ricevuto la notifica di una cartella di pagamento scaduta alla data dell’8 marzo deve effettuare il versamento delle somme dovute entro il 31 gennaio 2021. Gli importi possono essere rateizzati, presentando domanda di rateizzazione sempre 31 gennaio 2021.

Occorre ricordare che nel periodo di sospensione – dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 – l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può effettuare la notifica delle cartelle di pagamento, nemmeno tramite PEC.

Rate in scadenza nel 2020 della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”: le modifiche del “Decreto Ristori-quater”.

Il “Decreto Ristori-quater” ha prorogato al 1° marzo 2021 il termine di pagamento delle rate in scadenza nell’anno 2020 della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”, precedentemente fissato al 10 dicembre 2020 dal “Decreto Rilancio”.

Per le rate in scadenza nell’anno2021 e nei successivi anni, restano confermati i termini di pagamento previsti.

Si ricorda che il “Decreto Ristori-quater” non prevede alcun ritardo rispetto al termine del 1°marzo 2021. Se quindi il contribuente procede al pagamento delle rate della ”Rottamazione-ter” e/o del ”Saldo e stralcio” in scadenza nell’anno 2020 successivamente al 1° marzo 2021, lo stesso decade dal beneficio della definizione agevolata e il pagamento sarà acquisito a titolo di acconto sull’intero debito.

Per le rate dell’anno 2021 resta confermato, invece, il ritardo massimo di 5 giorni per il pagamento rispetto alla scadenza della rata, senza incorrere in sanzioni o perdere il beneficio della Definizione agevolata.

Rate della “Rottamazione-ter” e/o del “Saldo e stralcio” scadute il 31 dicembre 2019.

Si rammenta che se il contribuente non ha pagato le rate della “Rottamazione-ter” e/o del “Saldo e stralcio” in scadenza entro il 31 dicembre 2019 decade dalla definizione agevolata. In tal caso è possibile chiedere la rateizzazione del debito oggetto di “Rottamazione-ter” o di “Saldo e stralcio” per i quali il contribuente ha perso il beneficio della definizione agevolata.

Piano di rateizzazione in corso: scadenza delle rate durante il periodo di sospensione.

Il pagamento delle rate in scadenza è sospeso dall’8 marzo al 31 dicembre 2020: tali rate devono essere versate comunque entro il 31 gennaio 2021.

È possibile chiedere la rateizzazione all’Agenzia delle entrate-Riscossione durante il periodo di sospensione?

L’operatività di Agenzia delle Entrate-Riscossione prosegue anche nel periodo di sospensione, trattando le istanze e inviando i previsti riscontri.

Il “Decreto Ristori-quater” introduce delle agevolazioni per la presentazione delle richieste di rateizzazione?

Sì. Per le richieste di rateizzazione presentate a decorrere dalla data di entrata in vigore del “Decreto Ristori-quater” (30 novembre 2020) e fino al 31 dicembre 2021, la temporanea situazione di obiettiva difficoltà deve essere documentata, ai fini della relativa concessione, solo nel caso in cui il debito complessivo oggetto di rateizzazione sia di importo superiore a 100 mila euro, in deroga alla soglia di 60 mila prevista dall’art. 19, comma 1 ultimo periodo, del DPR n. 602/1973.

Cosa succede alle eventuali procedure esecutive in essere prima della data di presentazione dell’istanza di rateizzazione, in caso di accoglimento dello stessa? Vengono automaticamente revocate?

Per i provvedimenti di accoglimento relativi a richieste di rateizzazione presentate dalla data di entrata in vigore del “Decreto Ristori-quater” (30 novembre 2020), l’estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate si determina con il pagamento della prima rata del piano di rateizzazione (a condizione che non si sia ancora tenuto l’incanto con esito positivo o non sia stata presentata istanza di assegnazione, ovvero il terzo non abbia reso dichiarazione positiva o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati).

Cosa succede se ho ricevuto un preavviso di fermo del mio veicolo o un preavviso di ipoteca a fine febbraio2020, che avrei dovuto pagare entro i successivi 30 giorni?

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione– dall’8 marzo al 31 dicembre 2020 – non procederà all’iscrizione di fermi amministrativo alle iscrizioni di ipoteche, essendo sospese le azioni di recupero, cautelari ed esecutive, dei carichi ad essa affidati. Lo stesso dicasi ove il contribuente abbia ha una cartella scaduta all’8 marzo 2020.

Cosa succede se ho un fermo amministrativo già iscritto per una vecchia cartella? Come posso risolvere la situazione?

In tal caso, il contribuente può pagare integralmente il debito oggetto di fermo amministrativo oppure chiedere un piano di rateizzazione del debito. In tal caso, pagando la prima rata si ottiene la sospensione del provvedimento.

Se ho subito un pignoramento dello stipendio prima dell’entrata in vigore del Decreto n. 34/2020 il datore di lavoro è obbligato a effettuare la trattenuta durante il periodo di sospensione?

Gli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi, effettuati dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione prima della data di entrata in vigore del Decreto n. 34/2020, se relativi a somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego nonché a titolo di pensione e trattamenti assimilati, sono sospesi fino al 31 dicembre 2020.

Se ho una cartella di pagamento scaduta di importo superiore a 5.000 mila euro e devo ricevere il pagamento di una prestazione professionale da parte di una Pubblica Amministrazione, il pagamento verrà bloccato?

No. Nel periodo di sospensionedall’8 marzo al 31 dicembre 2020 le Pubbliche Amministrazioni non devono verificare la presenza di debiti non ancora pagati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, risultando prive di qualsiasi effetto le verifiche eventualmente già effettuate, anche prima dell’inizio della sospensione, che hanno fatto emergere una situazione di inadempienza (per le quali non è stato ancora notificato l’atto di pignoramento).

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni puoi inviarci una mail all’indirizzo 4tax.it@4tax.it o compilare il form di contatto qui sotto

Autotutela tributaria: a cosa serve e come funziona!

L’autotutela tributaria: un valido strumento ai fini dell’annullamento dell’avviso di accertamento!

L’obiettivo di questo articolo è delineare la funzione del potere di autotutela tributaria nell’ambito del procedimento di accertamento tributario.

L’esercizio del potere di autotutela nel diritto tributario non vive di luce propria. Si tratta di un istituto la cui disciplina prende spunto da altri rami del diritto (dal diritto Amministrativo in particolare): si è soliti parlare infatti di autotutela amministrativa. Dei consigli utili su come predisporre un’istanza di autotutela si trovano sul sito dell’Agenzia delle Entrate a questo link.

1. L’istanza di autotutela tributaria: a cosa serve?

L’istituto dell’autotutela tributaria – cui il contribuente accede mediante la presentazione di un’apposita istanza – ha come obiettivo l’annullamento di un avviso di accertamento emanato dall’Agenzia delle Entrate.

La richiesta di annullamento in autotutela è utile quando l’atto fiscale – emesso dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) – presenta evidenti errori. In tal caso, la presentazione di un’istanza di annullamento in autotutela consente al contribuente di risolvere rapidamente la problematica con l’Agenzia delle Entrate. Se l’istanza è fondata e l’Ufficio annulla l’atto, non è infatti necessario presentare un ricorso alla Commissione Tributaria.

L’Agenzia delle Entrate può esercitare il potere di autotutela sia in pendenza dei termini per la redazione del ricorso tributario sia in presenza di un avviso di accertamento divenuto definitivo. In alcuni casi, anche se sono decorsi i termini per la presentazione del ricorso, l’Agenzia delle Entrate se ritiene sussistano delle fondate ragioni può annullare i propri atti. Il potere di annullamento in autotutela ha infatti come obiettivo interesse pubblico.

Guarda qui il nostro video.

2. L’autotutela tributaria e termini del ricorso tributario: 2 aspetti fondamentali da considerare.

Dopo aver spiegato a cosa serve la presentazione di un’istanza di autotutela tributaria, occorre considerare due aspetti fondamentali.

Il primo. La presentazione di un’istanza di autotutela fiscale non interrompe la decorrenza dei termini per la presentazione del ricorso!

Il secondo. L’istanza di autotutela fiscale può essere presentata a partire dal momento in cui si riceve un accertamento fiscale. Ad esempio, può essere presentata anche dopo la proposizione del ricorso tributario.

3. Chi può esercitare il potere di autotutela?

Il potere di annullamento in autotutela può essere esclusivamente esercitato dall’Ufficio dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Entrate Riscossione) o del Comune (per i tributi locali) che ha emanato l’atto. Solo in relazione agli atti fiscali emanati dall’Agenzia delle Entrate, nelle ipotesi di grave inerzia dell’ufficio l’esercizio del potere di autotutela può essere esercitato dalla Direzione Regionale delle Entrate.

Il riesame dell’ atto e il conseguente esercizio dell’ autotutela può avvenire sia d’ufficio sia su istanza di parte “nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione” (cfr. l’articolo 2 del Dm n. 37 del 1997).

4. In relazione a quali atti può essere presentata un’istanza di autotutela tributaria?

L’istanza di annullamento in autotutela può essere presentata avverso tutti gli atti indicati nell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Si tratta in particolare:

  • dell’avviso di accertamento del tributo;
  • dell’avviso di liquidazione del tributo;
  • del provvedimento che irroga le sanzioni;
  • del ruolo e della cartella di pagamento;
  • dell’avviso di mora;
  • dell’iscrizione di ipoteca sugli immobili;
  • del fermo amministrativo;
  • degli atti relativi alle operazioni catastali;
  • del rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e d’interessi o altri accessori non dovuti;
  • del diniego o della revoca o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
  • di ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

5. Per quali motivi può essere presentata un’istanza di autotutela tributaria?

Può essere utile presentare istanza di autotutela tributaria quando l’infondatezza dell’atto fiscale derivi:

  • dalle norme applicate dall’Ufficio (si pensi, ad esempio, a un costo palesemente deducibile sulla base del principio di inerenza, che invece viene negata dall’Ufficio);
  • da un errore di persona (si pensi, ad esempio, ad un avviso di accertamento notificato al soggetto A in luogo del soggetto B);
  • da un errore di calcolo (si pensi a un avviso di accertamento che richiede un’imposta palesemente errata);
  • da un errore sul presupposto dell’imposta (si pensi al caso in cui l’imposta viene applicata in assenza del presupposto dell’imposta);
  • dalla mancata valutazione dei pagamenti eseguiti dal contribuente (si pensi a un contribuente che  a seguito del mancato pagamento delle imposte ha regolarizzato la sua posizione mediante il ravvedimento operoso, ma l’Ufficio non ne ha tenuto conto);
  • dalla mancata valutazione da parte dell’Ufficio della sussistenza dei requisiti per fruire di determinati regimi applicati;
  • da un errore del contribuente.

6. A chi indirizzare l’istanza di autotutela tributaria?

La richiesta del contribuente deve essere presentata direttamente all’Ufficio che ha emesso l’atto. In alternativa, l’istanza di autotutela tributaria può essere spedita a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno. È altresì possibile notificare l’istanza mediante PEC.

Se hai ricevuto la notifica una cartella di pagamento (o di un atto della riscossione) e vuoi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Agenzia delle Entrate– Riscossione (Ex Equitalia).

Se hai ricevuto la notifica di un avviso di accertamento e intendi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

Se il contribuente ha ricevuto un avviso di accertamento in relazione a tributi locali e intendi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Ufficio Tributi del Comune che ha emesso l’atto.

7. Quali elementi devono essere riportati nell’istanza di autotutela tributaria?

L’istanza di autotutela tributaria da parte del contribuente deve indicare al suo interno alcuni elementi essenziali.

In particolare, l’istanza deve riportare:

– l’ufficio cui è rivolta l’istanza;

– il nome del contribuente e del soggetto delegato;

– l’atto di cui viene chiesto l’annullamento in autotutela;

– i motivi per cui si ritiene illegittimo e quindi annullabile l’atto. Tali motivazioni, per potere essere valutate dall’Ufficio, devono essere giustificate da documenti. La mancanza di documentazione successivamente sanata non oltre  termini di decadenza potrebbe pregiudicare l’esito dell’istanza.

8. L’istanza di autotutela tributaria: possibili esiti

L’Ufficio – una volta esaminata l’istanza di annullamento in autotutela e i documenti forniti dal contribuente – può comunicare la propria decisione. L’Ufficio può in particolare comunicare l’accoglimento o il rigetto della richiesta di autotutela tributaria presentata.

Occorre al riguardo evidenziare che la legge non prevede però dei termini per l’esercizio del potere di autotutela. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate non hanno un obbligo di fornire una risposta sul buon andamento dell’istanza di autotutela presentata dal contribuente o sull’esercizio del potere di autotutela.

Se quindi il contribuente non riceve una risposta (entro il termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione dell’atto) deve presentare un ricorso tributario, al fine di evitare che la pretesa impositiva diventi a tutti gli effetti definitiva. È importante infatti notare che la presentazione dell’istanza di autotutela non interrompe infatti i termini utili per la proposizione del ricorso tributario alla Commissione tributaria competente.

L’atto fiscale resta quindi valido in assenza di un espresso annullamento.

Ove l’accoglimento dell’istanza di autotutela fiscale da parte dell’Ufficio pervenga dopo aver presentato il ricorso, non vi sarà alcun aspetto problematico per il contribuente. Ove l’avviso di accertamento impugnato venga annullato in autotutela, il contribuente e l’Ufficio dovranno presentare una domanda per cessata la materia del contendere.

In questo caso, quando il contribuente ottiene l’annullamento dell’atto fiscale ha diritto di ottenere il rimborso delle somme già versate a titolo di riscossione provvisoria.

9. Il diniego di autotutela è impugnabile?

Il diniego di autotutela è l’atto con cui l’Amministrazione Finanziaria manifesta in maniera esplicita il rifiuto ad annullare un atto impositivo non necessariamente divenuto definitivo. In particolare, il diniego di autotutela è un atto con cui l’Amministrazione Finanziaria esprime il proprio potere discrezionale.

Il diniego di autotutela è impugnabile dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale?

Molto importanti appaiono al riguardo le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21146 del 2018. In tale ordinanza la Corte di Cassazione ha evidenziato che, nel processo tributario, possono essere eccepiti soltanto profili di illegittimità del diniego di autotutela che afferiscano a questioni di interesse generale.

Tali principi sono stati di recente ribadite dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24032 del 2019. La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, ha chiarito che il sindacato della Commissione Tributaria sul diniego di annullamento in autotutela è consentito solo ove si renda necessario l’accertamento della ricorrenza delle ragioni di interesse generale dell’Amministrazione Finanziaria.

In conclusione, avverso il diniego di autotutela può essere presentato ricorso tributario solo per eccepire profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria legati a questioni di interesse generale.

Il ricorso tributario avverso il diniego di autotutela non può essere invece presentato per contestare nel merito la richiesta delle maggiori imposte da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Come evidenziato, il diniego di autotutela esprime il potere discrezionale dell’Amministrazione Finanziaria e per tale ragione non è possibile proporre un ricorso tributario in Commissione Tributaria che contesti tale potere.

10. Che cos’è l’autotutela sostitutiva?

Abbiamo fino ad ora parlato dell’autotutela tributaria esercitata dall’Ufficio a seguito di un’apposita istanza presentata dal contribuente.

Occorre tuttavia al riguardo evidenziare che l’esercizio del potere di autotutela da parte degli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria non è necessariamente correlato alla presentazione di un’istanza da parte del contribuente.

Se l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate è viziato da una causa di nullità o di illegittimità, l’Ufficio – se non è decorso il termine di decadenza previsto per l’esercizio del potere impositivo – può infatti annullare l’atto ed emetterne uno nuovo, che sostituisce il precedente.

La riforma dell’atto impositivo originario può essere estesa a tutti gli elementi strutturali dell’atto, come precisato dal costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione.

E’ importante notare che l’esercizio del potere di annullamento in autotutela da parte dell’Ufficio ha un effetto retroattivo. Ciò significa che nel caso in cui sia stato instaurato un contenzioso tributario avverso l’originario atto impositivo, il giudice dovrà dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni puoi inviarci una mail all’indirizzo 4tax.it@4tax.it o compilare il form di contatto qui sotto.