Abbiamo raccolto qui sotto i dubbi più frequenti dei nostri clienti. Speriamo ti possano chiarire le idee, ma non esitare a contattarci per approfondire qualche aspetto!
L’intimazione di pagamento è un atto con cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione sollecita il contribuente a pagare le somme indicate entro un termine preciso. Segue la cartella di pagamento e l’avviso di accertamento esecutivo e viene emessa a un anno dalla notifica di questi atti se dopo gli stessi non c’è stato il pignoramento. Decorsi 5 giorni dalla notifica dell’intimazione l’Ufficio può procedere al pignoramento.
L’intimazione di pagamento perde efficacia decorsi 180 giorni dalla sua notifica. Questo vuol dire che il pignoramento dovrà essere notificato entro questo termine, altrimenti, prima di procedere con l’esecuzione forzata dovrà essere emessa una nuova intimazione di pagamento.
La cartella di pagamento contiene l’ordine di pagare all’Agenzia entro 60 giorni dal suo ricevimento. La cartella precede l’intimazione di pagamento. Se il contribuente non paga entro i 60 giorni e se per un anno l’Agenzia non esegue il pignoramento, dovrà emettere un’intimazione di pagamento, prima di intraprendere nuove azioni esecutive. Anche l’intimazione contiene l’ordine al debitore di pagare le somme non ancora riscosse, ma in un termine molto più ristretto della cartella (5 giorni). In assenza di pagamento l’Agente per la Riscossione può procedere con l’esecuzione forzata (dopo soli 5 giorni).
È un documento informatico rilasciato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione su richiesta del contribuente/debitore che indica la situazione debitoria di un soggetto, ad un determinato momento, con riferimento a tutti i debiti affidati all’Agente per la riscossione.
In linea di principio, dal 2021 l’estratto di ruolo non è più impugnabile, salvo alcuni casi specifici e limitati (v. art. 3-bis del d.l. n. 146/2021), ovvero se il contribuente dimostra che l’iscrizione a ruolo può procurargli un pregiudizio:
per la partecipazione a gare di appalti pubblici (v. art. 80, comma 4, del d.lgs. 18/4/2016, n. 50);
compromettendo i pagamenti dovuti a suo favore dai soggetti pubblici per i pagamenti superiori a 5.000 euro (art. 1, comma 1, lett. a., del d.m. 18.1.2008, n. 40);
determinando la perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica amministrazione.
Per le istanze presentate a partire dal 1° gennaio 2022 la decadenza dal beneficio si verifica al mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive (v. art. 19 d.P.R. 602/1973), mentre in precedenza il limite era 10 rate. Sempre con riferimento alle istanze presentate dal 1° gennaio 2022, dovrà essere dimostrata una temporanea situazione di difficoltà economica per i debiti superiori a 60 mila euro (il precedente limite era di euro 100 mila) e per i piani di dilazione fino a 72 rate.
Se il contribuente non versa quanto richiesto nei termini previsti nella cartella (60 giorni) o nell’intimazione (5 giorni), l’Agente della Riscossione può:
adottare misure cautelari, cioè imporre dei vincoli sul patrimonio del debitore (i.e. fermo amministrativo e ipoteca) per garantire il pagamento del credito;
procedere con l’esecuzione forzata, cioè vendere forzosamente i beni del debitore (i.e. pignoramento mobiliare, pignoramento immobiliare, pignoramento presso terzi) per monetizzare i suoi crediti.
Con l’atto di pignoramento presso terzi, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ordina alla banca o al datore di lavoro del debitore (i c.d. terzi) di bloccare una certa somma, che dovrebbe essere pagata in favore del correntista (nel primo caso) o del lavoratore (nel secondo), per poi liquidarla direttamente in favore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La banca o il datore di lavoro che ricevono il pignoramento, diventano custodi del credito pignorato finché non lo pagano all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
A partire dal 2011 gli avvisi di accertamento sono immediatamente esecutivi; in altre parole, possono dar luogo ad esecuzione forzata anche senza emissione di una cartella di pagamento. Se il contribuente non paga quanto richiesto nell’avviso di accertamento entro 60 giorni dalla sua notifica, trascorsi altri 30 giorni, l’Agenzia delle Entrate affida la riscossione di queste somme all’Agenzia delle Entrate – Riscossione che, trascorsi altri 180 giorni, potrà iniziare l’esecuzione forzata.
Con l’avviso bonario l’Agenzia delle Entrate informa il contribuente di aver effettuato un controllo sulla sua dichiarazione dei redditi, evidenziando eventuali imposte e contributi che non risultano pagati.
Se il contribuente non paga l’avviso bonario entro 30 giorni dal suo ricevimento l’Amministrazione finanziaria provvede all’iscrizione a ruolo ed alla successiva notifica della cartella di pagamento.
In buona sostanza l’invito a comparire è un’anticipazione di un successivo avviso di accertamento. Con esso il legislatore tributario promuove il contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente in una fase anteriore a quella giudiziale proprio per consentire a quest’ultimo l’esercizio anticipato del proprio diritto di difesa e scongiurare l’emissione di un successivo avviso di accertamento.
No, l’obbligo sussiste solo in capo all’Amministrazione finanziaria. Se però il contribuente non risponde all’invito, successivamente non potrà avvalersi della procedura premiale di adesione, quando sarà notificato il successivo avviso di accertamento.
ANNULLA IL TUO DEBITO FISCALE
COMPILA IL MODULO: ti ricontattiamo entro 1 ora!
Raccogliamo tutte le informazioni necessarie ed entro 48 ore ti forniamo la migliore soluzione per risolvere il tuo debito.
SEI UN COMMERCIALISTA?
Aiutiamo i tuoi clienti a risolvere il debito fiscale.
4tax S.r.l. Piazza Cavour 17 00193 – Roma P. IVA e Codice Fiscale 16603371002 Capitale sociale 10.000,00 euro interamente versato Numero Rea RM – 1665103 Privacy e Cookie Policy