L’obiettivo di questo articolo è delineare la funzione del potere di autotutela tributaria nell’ambito del procedimento di accertamento tributario.
L’esercizio del potere di autotutela nel diritto tributario non vive di luce propria. Si tratta di un istituto la cui disciplina prende spunto da altri rami del diritto (dal diritto Amministrativo in particolare): si è soliti parlare infatti di autotutela amministrativa. Dei consigli utili su come predisporre un’istanza di autotutela si trovano sul sito dell’Agenzia delle Entrate a questo link.
L’istituto dell’autotutela tributaria – cui il contribuente accede mediante la presentazione di un’apposita istanza – ha come obiettivo l’annullamento di un avviso di accertamento emanato dall’Agenzia delle Entrate.
La richiesta di annullamento in autotutela è utile quando l’atto fiscale – emesso dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) – presenta evidenti errori. In tal caso, la presentazione di un’istanza di annullamento in autotutela consente al contribuente di risolvere rapidamente la problematica con l’Agenzia delle Entrate. Se l’istanza è fondata e l’Ufficio annulla l’atto, non è infatti necessario presentare un ricorso alla Commissione Tributaria.
L’Agenzia delle Entrate può esercitare il potere di autotutela sia in pendenza dei termini per la redazione del ricorso tributario sia in presenza di un avviso di accertamento divenuto definitivo. In alcuni casi, anche se sono decorsi i termini per la presentazione del ricorso, l’Agenzia delle Entrate se ritiene sussistano delle fondate ragioni può annullare i propri atti. Il potere di annullamento in autotutela ha infatti come obiettivo interesse pubblico.
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Dopo aver spiegato a cosa serve la presentazione di un’istanza di autotutela tributaria, occorre considerare due aspetti fondamentali.
Il primo. La presentazione di un’istanza di autotutela fiscale non interrompe la decorrenza dei termini per la presentazione del ricorso!
Il secondo. L’istanza di autotutela fiscale può essere presentata a partire dal momento in cui si riceve un accertamento fiscale. Ad esempio, può essere presentata anche dopo la proposizione del ricorso tributario.
Il potere di annullamento in autotutela può essere esclusivamente esercitato dall’Ufficio dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Entrate Riscossione) o del Comune (per i tributi locali) che ha emanato l’atto. Solo in relazione agli atti fiscali emanati dall’Agenzia delle Entrate, nelle ipotesi di grave inerzia dell’ufficio l’esercizio del potere di autotutela può essere esercitato dalla Direzione Regionale delle Entrate.
Il riesame dell’ atto e il conseguente esercizio dell’ autotutela può avvenire sia d’ufficio sia su istanza di parte “nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione” (cfr. l’articolo 2 del Dm n. 37 del 1997).
L’istanza di annullamento in autotutela può essere presentata avverso tutti gli atti indicati nell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Si tratta in particolare:
Può essere utile presentare istanza di autotutela tributaria quando l’infondatezza dell’atto fiscale derivi:
La richiesta del contribuente deve essere presentata direttamente all’Ufficio che ha emesso l’atto. In alternativa, l’istanza di autotutela tributaria può essere spedita a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno. È altresì possibile notificare l’istanza mediante PEC.
Se hai ricevuto la notifica una cartella di pagamento (o di un atto della riscossione) e vuoi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Agenzia delle Entrate– Riscossione (Ex Equitalia).
Se hai ricevuto la notifica di un avviso di accertamento e intendi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Se il contribuente ha ricevuto un avviso di accertamento in relazione a tributi locali e intendi presentare un’istanza di autotutela fiscale: è necessario indirizzare la richiesta all’Ufficio Tributi del Comune che ha emesso l’atto.
L’istanza di autotutela tributaria da parte del contribuente deve indicare al suo interno alcuni elementi essenziali.
In particolare, l’istanza deve riportare:
– l’ufficio cui è rivolta l’istanza;
– il nome del contribuente e del soggetto delegato;
– l’atto di cui viene chiesto l’annullamento in autotutela;
– i motivi per cui si ritiene illegittimo e quindi annullabile l’atto. Tali motivazioni, per potere essere valutate dall’Ufficio, devono essere giustificate da documenti. La mancanza di documentazione successivamente sanata non oltre termini di decadenza potrebbe pregiudicare l’esito dell’istanza.
L’Ufficio – una volta esaminata l’istanza di annullamento in autotutela e i documenti forniti dal contribuente – può comunicare la propria decisione. L’Ufficio può in particolare comunicare l’accoglimento o il rigetto della richiesta di autotutela tributaria presentata.
Occorre al riguardo evidenziare che la legge non prevede però dei termini per l’esercizio del potere di autotutela. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate non hanno un obbligo di fornire una risposta sul buon andamento dell’istanza di autotutela presentata dal contribuente o sull’esercizio del potere di autotutela.
Se quindi il contribuente non riceve una risposta (entro il termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione dell’atto) deve presentare un ricorso tributario, al fine di evitare che la pretesa impositiva diventi a tutti gli effetti definitiva. È importante infatti notare che la presentazione dell’istanza di autotutela non interrompe infatti i termini utili per la proposizione del ricorso tributario alla Commissione tributaria competente.
L’atto fiscale resta quindi valido in assenza di un espresso annullamento.
Ove l’accoglimento dell’istanza di autotutela fiscale da parte dell’Ufficio pervenga dopo aver presentato il ricorso, non vi sarà alcun aspetto problematico per il contribuente. Ove l’avviso di accertamento impugnato venga annullato in autotutela, il contribuente e l’Ufficio dovranno presentare una domanda per cessata la materia del contendere.
In questo caso, quando il contribuente ottiene l’annullamento dell’atto fiscale ha diritto di ottenere il rimborso delle somme già versate a titolo di riscossione provvisoria.
Il diniego di autotutela è l’atto con cui l’Amministrazione Finanziaria manifesta in maniera esplicita il rifiuto ad annullare un atto impositivo non necessariamente divenuto definitivo. In particolare, il diniego di autotutela è un atto con cui l’Amministrazione Finanziaria esprime il proprio potere discrezionale.
Il diniego di autotutela è impugnabile dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale?
Molto importanti appaiono al riguardo le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21146 del 2018. In tale ordinanza la Corte di Cassazione ha evidenziato che, nel processo tributario, possono essere eccepiti soltanto profili di illegittimità del diniego di autotutela che afferiscano a questioni di interesse generale.
Tali principi sono stati di recente ribadite dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24032 del 2019. La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, ha chiarito che il sindacato della Commissione Tributaria sul diniego di annullamento in autotutela è consentito solo ove si renda necessario l’accertamento della ricorrenza delle ragioni di interesse generale dell’Amministrazione Finanziaria.
In conclusione, avverso il diniego di autotutela può essere presentato ricorso tributario solo per eccepire profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria legati a questioni di interesse generale.
Il ricorso tributario avverso il diniego di autotutela non può essere invece presentato per contestare nel merito la richiesta delle maggiori imposte da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Come evidenziato, il diniego di autotutela esprime il potere discrezionale dell’Amministrazione Finanziaria e per tale ragione non è possibile proporre un ricorso tributario in Commissione Tributaria che contesti tale potere.
Abbiamo fino ad ora parlato dell’autotutela tributaria esercitata dall’Ufficio a seguito di un’apposita istanza presentata dal contribuente.
Occorre tuttavia al riguardo evidenziare che l’esercizio del potere di autotutela da parte degli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria non è necessariamente correlato alla presentazione di un’istanza da parte del contribuente.
Se l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate è viziato da una causa di nullità o di illegittimità, l’Ufficio – se non è decorso il termine di decadenza previsto per l’esercizio del potere impositivo – può infatti annullare l’atto ed emetterne uno nuovo, che sostituisce il precedente.
La riforma dell’atto impositivo originario può essere estesa a tutti gli elementi strutturali dell’atto, come precisato dal costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione.
E’ importante notare che l’esercizio del potere di annullamento in autotutela da parte dell’Ufficio ha un effetto retroattivo. Ciò significa che nel caso in cui sia stato instaurato un contenzioso tributario avverso l’originario atto impositivo, il giudice dovrà dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.
Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.
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