Se hai commesso un errore nella compilazione della dichiarazione dei redditi o nella compilazione della dichiarazione IVA della tua società – da cui deriva il minore versamento di imposte rispetto a quelle effettivamente dovute – e intendi correggere errori od omissioni, devi presentare una dichiarazione integrativa a sfavore.
Essa, in parole semplici, sostituisce la dichiarazione dei redditi originaria, rappresentando una versione corretta della stessa.
Dopo averla trasmessa, è necessario versare le maggiori imposte emergenti dalla correzione effettuata, usufruendo dell’applicazione ridotta delle sanzioni attraverso l’istituto del ravvedimento operoso (articolo13 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472).
La presentazione della dichiarazione integrativa serve per correggere, in via esemplificativa, due tipologie di errori.
Errori a sfavore del contribuente: si tratta di errori od omissioni da cui deriva il pagamento di maggiori imposte.
Errori a favore del contribuente: si tratta di errori od omissioni da cui deriva un minore versamento di imposte ovvero da cui deriva il riconoscimento di un maggiore credito di imposta.
Da tali errori od omissioni possono scaturire due tipologie distinte di dichiarazione integrativa:
L’Amministrazione finanziaria può sottoporre una società ad accertamento fiscale fino al 31 dicembre del quinto anno successivo rispetto a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi o la dichiarazione IVA, per poter contestare gli errori od omissioni compiute.
Nell’ipotesi di omessa dichiarazione dei redditi e IVA, il termine di decadenza dell’accertamento risulta prorogata al settimo anno successivo rispetto a quello in cui avresti dovuto presentare la dichiarazione, attesa la maggiore difficoltà che l’Agenzia delle Entrate ha nell’operare una verifica o un controllo fiscale a seguito di tale omissione.
È importante notare che solo nell’ipotesi in cui tu abbia inviato correttamente la dichiarazione (e non nel caso di omessa dichiarazione), potrai inviare la dichiarazione integrativa a sfavore entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, mediante la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate (anche con intermediario autorizzato).
La normativa fiscale prevede due tipologie diverse di sanzione in sede di presentazione della dichiarazione integrativa. Esse sono:
Di seguito analizzeremo le loro caratteristiche.
3.1. Sanzione amministrativa per mancati e/o omessi versamenti
In questo caso ti sarà applicata una sanzione amministrativa del 30%, calcolato avendo come punto di riferimento le maggiori imposte dovute o il minor credito generato ai sensi dell’articolo 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997 inerente ai ritardati od omessi versamenti diretti e altre tipologie di violazioni in materia di compensazione. È importante notare che questa sanzione trova esclusivamente applicazione qualora gli errori siano rilevabili in sede di controllo formale.
3.2. Sanzione amministrativa per infedele dichiarazione
Invece, qui ti troverai di fronte a una sanzione amministrativa che va dal 90% al 180% (cfr. le norme contenute nel D. Lgs. n. 471 del 1997), rispetto le maggiori imposte dovute o rispetto al minor credito generato. È importante notare che questa sanzione trova esclusivamente applicazione qualora gli errori siano rintracciabili solo in fase di accertamento.
Solitamente questa sanzione è applicata quando si erra nell’indicare dei redditi o delle ritenute, degli oneri deducibili o detraibili.
Dopo aver analizzato le varie modalità sanzionatorie applicabili alla dichiarazione integrativa è doveroso ricordare che tali sanzioni possono essere ridotte attraverso lo strumento del ravvedimento operoso, ex art. 13 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
Tutto il procedimento deve essere utilizzato e ultimato entro i termini visti sopra per la presentazione della dichiarazione integrativa, corrispondenti ai termini dei controlli di accertamento per l’Agenzia delle Entrate.
Per effettuare il ravvedimento operoso occorre versare la maggiore imposta reddituale dovuta (o IVA), gli interessi e le sanzioni (pari al 30% o al 90% della maggiore imposta come precedentemente accennato) e successivamente calcolare le riduzioni.
Ove tu voglia presentare una dichiarazione integrativa a sfavore con l’istituto del ravvedimento operoso potrai usufruire di:
Nelle ipotesi di dichiarazione integrativa a sfavore, è importante prestar fede ai termini di accertamento.
Quando un contribuente – mediante l’istituto del ravvedimento operoso – presenta una dichiarazione integrativa a sfavore, la normativa fiscale prevede infatti un allungamento del termine di decadenza con riferimento agli elementi che sono stati modificati in sede di integrativa.
Se, ad esempio, il contribuente ha modificato nel 2021 il rigo VE24 della dichiarazione IVA relativa all’anno 2017, conseguendone un maggior debito in termini di IVA, l’Amministrazione Finanziaria potrà procedere all’accertamento:
È da notare che tale allungamento dei termini di accertamento è valido solo per le dichiarazioni integrative a sfavore, cioè quelle che determinano una maggiore imposta o un minor credito d’imposta.
Per presentare una dichiarazione integrativa a sfavore, devi compilare alcuni quadri della dichiarazione.
Devi barrare il codice 1 – entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione – se è inviata di tua spontanea volontà per:
Devi barrare il codice 2 se, invece, la stessa è presentata a seguito di una comunicazione di irregolarità inviata dall’Amministrazione Finanziaria.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, mette a disposizione dei contribuenti informazioni rilevate direttamente o acquisiste da terzi. Con questa modalità è offerta ai contribuenti la possibilità di modificare volontariamente l’omissione o l’errore commesso.
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.
Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.
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