L’accertamento bancario è uno dei principali strumenti utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per individuare i redditi evasi da parte delle imprese e da parte delle persone fisiche. Si tratta, in sostanza, di indagini finanziarie che vengono effettuate dall’Agenzia delle Entrate (amministrazione finanziaria) per controllare i movimenti bancari del contribuente. L’obiettivo del Fisco è controllare la corrispondenza di ogni singola movimentazione effettuata dal contribuente (versamenti bancari e prelievi) con i redditi dichiarati da quest’ultimo ai fini dell’accertamento del maggior reddito.
In quest’articolo spieghiamo come funziona e come ci si può difendere dalle richieste effettuate dall’Agenzia delle Entrate mediante la notifica al contribuente di un avviso di accertamento bancario.
L’accertamento bancario può essere effettuato dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza nei confronti di :
Tali soggetti possono essere oggetto di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate e da parte della Guardia di Finanza (sia come titolari dei conto sia come cointestatari).
Occorre notare che nell’accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate:
In questi casi, l’onere della prova spetta al Fisco. L’Agenzia delle Entrate deve in particolare dimostrare che il soggetto a cui è intestato il conto corrente è solo formalmente il titolale, dovendosi invece attribuire le movimentazioni finanziarie effettuate (versamenti e prelevamenti) ad un altro contribuente.
Con l’accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate analizza le movimentazioni rilevate sul conto corrente bancario del contribuente con l’intento di accertare redditi sottratti a tassazione. L’obiettivo degli uffici finanziari è dimostrare che i versamenti e i prelevamenti effettuati si riferiscono ad operazioni imponibili ai fini reddituali che non sono stati dichiarati.
Gli accertamenti relativi ai maggiori redditi da recuperare a tassazione considerano:
L’accertamento bancario Agenzia delle Entrate considera:
Detto ciò, è innanzi tutto importante sapere che l’accertamento bancario dell’Agenzia delle Entrate costituisce una presunzione legale di tipo relativo.
Che cosa significa?
Ciò significa che è riconosciuta al contribuente la possibilità di dimostrare che – diversamente da quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento – le movimentazioni rilevate sul proprio conto non hanno rilevanza ai fini delle imposte sui redditi. Anche se tale prova contraria è talvolta difficile da produrre (spesso si tratta di molti documenti), il nostro consiglio è quello ti fornire una giustificazione completa di tutte le movimentazioni operate sul conto. Così facendo, si avranno molte più possibilità di dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato.
Sì. L’Agenzia delle Entrate può attribuire alla società le movimentazioni bancarie registrate sui conti correnti dei relativi soci (se viene dimostrato che sul conto del socio sono transitate delle somme imputabili alla società e da questa non dichiarate).
Tali considerazioni valgono sia per le società di persone sia per le società di capitali a ristretta base azionaria.
Nell’ambito di un accertamento bancario l’Agenzia delle Entrate invita solitamente il contribuente a fornire tutti gli elementi necessari per dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato. Ciò che di norma chiede l’Agenzia delle Entrate ad un contribuente sottoposto a un’indagine finanziaria è la ricostruzione delle movimentazioni finanziarie a lui riconducibili al fine di dimostrare che le stesse non costituiscono redditi sottratti a tassazione.
Questa prassi, è bene precisare, non è obbligatoria: la mancata convocazione del contribuente ai fini del contraddittorio non determina infatti la nullità dell’accertamento bancario (si veda la sentenza della Corte di Cassazione 13 maggio 2003, n. 7329).
A nostro avviso tale soluzione interpretativa penalizza il contribuente. Anche se è possibile dimostrare la correttezza del comportamento fiscalmente adottato nel corso del contenzioso tributario, avere la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria relativa alle movimentazioni oggetto di contestazione nell’ambito di un contraddittorio con l’Ufficio eviterebbe molti dei contenziosi tributari in essere.
Detto ciò, ove per effetto delle indagini bancarie l’Agenzia delle Entrate notifichi al contribuente un avviso di accertamento, quest’ultimo ha comunque la possibilità di presentare un ricorso tributario dinanzi alla Commissione Tributaria territorialmente competente. Nell’ambito del ricorso tributario, sono molteplici gli aspetti che l’avvocato tributarista può sottoporre all’attenzione della Commissione Tributari. I profili di illegittimità che contraddistinguono l’accertamento bancario possono riguardare:
– le soglie elle movimentazioni;
– la motivazione dell’avviso di accertamento;
– l’autorizzazione dell’Ufficio allo svolgimento delle indagini bancarie;
– il presupposto della interposizione fittizia contestata dall’Ufficio;
– la valorizzazione della documentazione prodotta dal contribuente per giustificare le movimentazioni oggetto di contestazione.
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.
Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.
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