L’omesso versamento IVA – qualora vengano superate determinate soglie – costituisce un reato punibile ai sensi dell’art. 10-ter del D. Lgs. n. 74/2000.
Un ruolo di primaria importanza al fine di escludere la rilevanza della condotta ha assunto l’esimente della crisi di liquidità, analizzata da ultimo nella sentenza n 35696 della Corte di Cassazione del 14 dicembre 2020.
Il reato di mancato versamento IVA è disciplinato dall’articolo 10-ter del D. Lgs. n. 74/2000.
Sulla base della predetta disposizione normativa, la pena per chi commette il delitto di omesso versamento IVA oltre la soglia di 250.000,00 euro oscilla dai sei mesi a 2 anni di reclusione.
L’omesso pagamento IVA è un reato di tipo omissivo e si perfeziona con l’omesso versamento dell’imposta dovuta sulla base dalla dichiarazione IVA, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo (27 dicembre di ogni anno).
Questo è un reato di tipo istantaneo e si consuma allo scadere del termine per il versamento dell’acconto IVA relativo al periodo d’imposta successivo.
Questo tipo di reato, in taluni casi, soesso si associa al delitti di tipo dichiarativo, come ad esempio:
Affinché l’omesso versamento IVA rilevi penalmente, è necessario il superamento della soglia di 250.000 euro.
Ove il contribuente non superi tale importo non si configura un illecito penale, bensì un illecito di natura tributaria le cui sanzioni amministrative sono disciplinate dall’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997, norma che disciplina la sanzione per tardivo versamento IVA.
Ai fini dell’integrazione del reato di omesso versamento IVA, l’entità della somma da versare da considerare è quella che si desume in base alla dichiarazione annuale IVA del contribuente e non quella desumibile dalle annotazioni contabili (cfr. la sentenza della Corte di Cassazione 14595 del 2018).
In sostanza, affinché l’omissione rilevi ai fini del mancato pagamento per l’ imposta sul valore aggiunto è necessario che:
La prescrizione del reato nei casi di omesso versamento IVA è pari a 6 anni ovvero a 7 anni e mezzo nelle ipotesi in cui si verifichino eventi di interruzione.
Ai sensi dell’art. 158 del c.p. la decorrenza dei termini prescrizionali inizia dal giorno della consumazione del reato. Nel caso di specie, la decorrenza dei termini di prescrizione ha inizio dal momento in cui si sarebbe dovuto effettuare il versamento dell’IVA.
La scriminante della crisi di liquidità, nelle ipotesi di reato di omesso versamento IVA ai sensi dell’art. 10-ter del D. Lgs. n. 74 del 2000, è stata di recente oggetto di importanti sentenze della Corte di Cassazione. Tra queste vi è la sentenza 14 dicembre 2020, n. 35696.
In particolare, la Corte di Cassazione, nell’escludere l’inquadramento della crisi di liquidità nell’ambito dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., ha affermato che con tale istituto ci si riferisce alla “lesione dei soli beni morali e materiali che costituiscono l’essenza stessa dell’essere umano, come la vita, l’integrità fisica (comprensiva del diritto alla salute), la libertà morale e sessuale, il nome, l’onore” (cfr. la sentenza della Sezione III penale della Corte di Cassazione 21 gennaio 2015, n. 7429) e non, invece, “a quei beni che, pur essendo costituzionalmente rilevanti, contribuiscono al completamento ed allo sviluppo della persona umana”, la cui perdita non è, dunque, in grado di integrare un danno grave alla persona, richiesto dall’art. 54 c.p.
In quest’ottica è stata, ad esempio, esclusa la rilevanza della presentazione della domanda da parte dell’impresa di concordato preventivo che non vieta il pagamento dei debiti tributari (cfr. la sentenza della Sezione III penale della Corte di Cassazione 12 febbraio 2019, n. 25315).
Ad avviso della Corte di Cassazione, l’esimente della crisi di liquidità non può essere invocata se vi è una semplice difficoltà (cfr. la sentenza della Sezione III penale della Corte di Cassazione 13 marzo 2020, n. 9960), ma è necessario che il mancato pagamento IVA, nonostante l’esperimento di tutte le iniziative, dipenda da circostanze:
Con la sentenza 14 dicembre 2020, n. 35696, la Corte di Cassazione ha aperto alla possibilità di escludere profili di responsabilità penale, ove l’omesso versamento IVA dipenda dalla crisi finanziaria del contribuente tale da non consentire il versamento del quantum dovuto.
Ad avviso della Corte di Cassazione, al fine di consentire l’applicazione dell’esimente in parola, è necessario che la crisi economica venga accertata in modo puntuale ed esaustivo mediante la produzione di documentazione atta a comprovare in modo inequivocabile tale stato.
Si tratta, in sostanza, di una specie di forza maggiore che esclude la rilevanza penale dell’omesso versamento.
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e non sostituisce l’attività di un avvocato tributarista.
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