Se hai la residenza fiscale all’estero oppure hai intenzione di rientrare in Italia usufruendo delle agevolazioni fiscali previste per il rientro dei cervelli, ti consigliamo di leggere questo articolo.
Il concetto di residenza fiscale delle persone fisiche è disciplinato dall’articolo 2, comma 2, del TUIR. La disciplina è poi contenuta:
La prima cosa che occorre evidenziare è che la definizione di residenza fiscale delle persone fisiche è più ampia rispetto alla nozione di residenza civilistica.
La residenza ai sensi del codice civile rappresenta solo una delle tre ipotesi sulla base delle quali una persona fisica è considerata fiscalmente residente in Italia.
Sono infatti fiscalmente residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta:
Le tre casistiche sono alternative tra di loro, questo significa che una persona fisica ha la residenza fiscale in Italia se si trova anche in una sola di esse.
Cosa succede se una persona fisica ha la residenza fiscale in Italia? In tal caso, il residente fiscale sarà tassato in Italia ai fini delle imposte sui redditi ovunque prodotti (sia in Italia che all’estero).
Il primo criterio utile per individuare la residenza ai fini fiscali in Italia di una persona fisica è rappresentato dal requisito dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.
Per iscriversi all’anagrafe è necessario:
L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni, ovvero 184 in caso di anni bisestili) – a seguito di elezione di domicilio o di residenza – comporta la residenza fiscale in Italia (cfr. la sentenza della Corte di Cassazione n. 21970 del 28 ottobre 2015).
Va evidenziato che le persone che hanno una dimora all’estero in via temporanea (lavori stagionali o per ragioni di tempo limitate) non cessano di appartenere alla popolazione residente.
Il trasferimento della residenza fiscale all’estero di una persona fisica è subordinato all’applicazione sia della disciplina in materia di anagrafe sia della disciplina in materia di AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). Tale disciplina non si applica se il soggetto:
Negli altri casi, i soggetti – iscritti all’anagrafe della popolazione residente – che vogliano trasferire la residenza fiscale all’estero devono darne notizia al Comune italiano in cui si è avuta l’ultima residenza.
La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente – con relativa iscrizione all’AIRE per un periodo superiore a 183 giorni (184 in caso di anno bisestile) – non è infatti sufficiente ad escludere che un soggetto sia fiscalmente residente in Italia.
Occorre infatti verificare se (nonostante l’iscrizione all’AIRE) il soggetto abbia comunque mantenuto in un determinato luogo in Italia la propria dimora abituale ovvero il centro principale dei propri affari o interessi. Tali elementi possono essere infatti desunti con mezzi di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici. L’accertamento della qualità di soggetto fiscalmente residente in Italia si desume da una valutazione complessiva degli atti o fatti riferibili al soggetto come:
Al riguardo, è importante notare che il contribuente – qualora abbia trasferito la residenza fiscale all’estero – ha comunque la possibilità di richiedere a tale stato il certificato di residenza fiscale, al fine di dimostrare l’effettiva permanenza al di fuori dello Stato italiano.
La differenza tra residenza e domicilio fiscale è di particolare importanza perché consente di valutare quando:
La residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Ciò che occorre verificare non è solo l’elemento obiettivo della permanenza del soggetto in tale luogo, ma anche l’intenzione di abitarvi stabilmente, il che si desume desumibile dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle relazioni sociali.
Il domicilio è il luogo in cui un determinato soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. La corretta individuazione del domicilio fiscale non dipende dalla presenza fisica di un determinato soggetto ma richiede una valutazione di una serie di elementi di natura patrimoniale, economica, e familiare.
Si tratta di un concetto molto ampio che necessita di un corretto bilanciamento, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, fra la rilevanza dei diversi luoghi in cui sono dislocati gli interessi economici, professionali e familiari di un determinato soggetto.
Domicilio fiscale e residenza fiscale sono, quindi, due concetti diversi ma che servono ad identificare quando una persona fisica può considerarsi fiscalmente residente in Italia e quindi un soggetto passivo.
Al fine di contrastare l’evasione fiscale – attuata da una persona fisica mediante lo strumentale trasferimento della residenza fiscale in altri paesi – l’articolo 2 del TUIR, il comma 2-bis impone ai cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente trasferitisi in Stati aventi un regime fiscale agevolato l’onere di dimostrare di non essere più fiscalmente residenti in Italia.
L’Agenzia delle Entrate può quindi notificare a una persona fisica un avviso di accertamento e contestare il trasferimento della residenza in un Paese estero a fiscalità privilegiata, senza dover dimostrare alcunché: è il contribuente che deve dare dimostrazione che il trasferimento nello Stato estero avente un regime fiscale privilegiato non è avvenuto per ragioni di natura di risparmio fiscale.
Per individuare i Paesi o territori aventi un regime fiscale privilegiato occorre visionare il decreto ministeriale 4 maggio 1999 è stato stilato e condiviso che contiene l’elenco dei “paradisi fiscali” (c.d. “Paesi Black list”).
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.
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