Il soggetto passivo IVA può essere definito come quel soggetto che svolge un’attività economica ai fini IVA, effettuando cessioni di beni e prestazioni di servizi per cui deve essere applicata l’IVA.
La disciplina che regolamenta la soggettività passiva IVA è contenuta a livello comunitario nell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE.
Tale norma definisce soggetti passivi IVA chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo un’attività economica. Si tratta in particolare delle attività:
Si considera anche attività economica lo sfruttamento di un bene per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità (art. 9, paragrafo 2, della direttiva).
L’ordinamento italiano considera soggetto passivo IVA:
In base all’articolo 4, primo comma, del dpr 633 72, la soggettività passiva prevista per gli esercenti imprese è verificata quando si è in presenza
In base all’articolo 4, quarto comma, del dpr 633 72, tuttavia, gli enti non commerciali sono soggetti passivi IVA solo per le attività commerciali che pongono in essere, a nulla rilevando l’organizzazione in forma d’impresa.
Per quanto riguarda l’esercizio di arti e professioni, la normativa considera l’esercizio di una professione abituale di qualsiasi forma di attività autonoma da parte di persone fisiche o di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica. La norma esclude da tale definizione i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e le attività reseda associati nell’ambito dei contratti di associazione in partecipazione, rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo.
È importante sottolineare che – sulla base della lettera b del comma 5 dell’articolo 4 del dpr 633 72 – l’acquisto e la detenzione di partecipazioni da parte di una holding non costituisce esercizio di attività economica ai fini IVA.
L’articolo 4, quinto comma, del dpr 633 72 esclude che esercitino attività commerciale – non avendo quindi i requisiti per essere considerati soggetti passivi IVA – quei soggetti la cui unica attività è quella di detenere attività finanziarie non strumentali, né accessorie, ad altre attività esercitate. Occorre evidenziare al riguardo che per mero possesso di attività finanziarie si considera la detenzione di partecipazioni in altre società senza che la holding appunto interferisca nella gestione delle società partecipate. Si verifica interferenza ove la holding compia “operazioni soggette a IVA, quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici” nei confronti delle partecipate (cfr. la sentenza della Corte di Giustizia 17 ottobre 2018, C-249/17).
La Corte di Giustizia ha ritenuto ad esempio la locazione di un immobile effettuato da una holding ad una società controllata come una forma di interferenza nella gestione di quest’ultima. Inoltre, ha ritenuto la stessa un’attività economica che fa sorgere il diritto alla detrazione dell’IVA sulle spese sostenute per l’acquisto delle partecipazioni (cfr. la sentenza della Corte di Giustizia 5 luglio 2018, C‑320/17).
Occorre infine evidenziare che se le partecipazioni sono detenute da una fondazione, quest’ultima può essere considerata un soggetto IVA se, oltre alla mera detenzione delle partecipazioni stesse, effettua un’interferenza nella gestione delle società partecipare svolgendo nei confronti di queste ultime servizi soggetti a IVA (cfr. la risposta a istanza di interpello dell’Agenzia delle Entrate 12 giugno 2019, n. 187).
Quando un determinato contribuente può essere considerato, per quanto sopra detto, un soggetto passivo IVA, derivano certe conseguenze agli effetti dell’IVA.
I soggetti IVA possono infatti portare in detrazione l’IVA per gli acquisti di beni e le prestazioni di servizi effettuate (la cd. IVA credito).
Per quanto concerne l’esercizio alla detrazione IVA, la normativa comunitaria – contenuta nell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE – stabilisce che il soggetto passivo IVA può esercitare il diritto alla detrazione IVA per cui è debitore in relazione ai beni e ai servizi acquistati, ove questi siano stati impiegati nell’attività esercitata dal soggetto passivo IVA. Secondo la Corte di Giustizia (cfr. la sentenza della Corte di Giustizia 29 ottobre 2009, C-29/08), affinché il soggetto passivo IVA possa portare in detrazione l’IVA relativa ai beni e servizi acquistati è necessario che tali costi rappresentino una parte del prezzo del bene o del servizio reso da tale soggetto.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, ciò che occorre appurare è l’esistenza di una forma di nesso tra l’operazione di acquisto effettuata dai soggetti passivi IVA e la cessione di beni e/o la prestazione di servizi effettuata da tale soggetto a valle, fondamentale per consentire la detrazione dell’IVA sugli acquisti effettuati. Sempre secondo la giurisprudenza comunitaria, per stabilire se è possibile per il contribuente procedere con la detrazione dell’IVA occorre considerare tutte le circostanze in cui si sono svolte le operazioni dal punto di vista oggettivo (cfr. la sentenza della Corte di Giustizia 21 febbraio 2013, C‑104/12). In sostanza, non potrà esercitarsi il diritto alla detrazione IVA addebitata con la rivalsa IVA, qualora sulla base delle circostanze che caratterizzano il caso concreto emergesse una mancanza di correlazione tra l’IVA sugli acquisti e l’IVA applicata a valle.
Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e non sostituisce una consulenza fiscale di un avvocato tributarista.
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