Conciliazione tributaria: perché conviene?

La conciliazione tributaria consente di chiudere la lite contro il Fisco e risparmiare le sanzioni!

Nel processo tributario è possibile pervenire ad un accordo con il Fisco mediante la cosiddetta conciliazione tributaria.

Si tratta di uno strumento deflattivo che consente alle aziende di chiudere definitivamente la partita con il Fisco, successivamente alla presentazione di un ricorso tributario contro l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate ovvero successivamente all’instaurazione del giudizio di appello.

In caso di conciliazione andata a buon fine si chiude la partita con uno sconto sulle sanzioni dovute.

Conciliazione tributaria: cenni

Nelle ipotesi in cui l’azienda abbia la possibilità di perfezionare la conciliazione giudiziale tributaria durante lo svolgimento del processo tributario, tale opzione – operata chiaramente una valutazione complessiva della vicenda – dovrebbe essere attentamente considerata.

Tale strumento attribuisce al contribuente la possibilità di risolvere la controversia contro l’Agenzia delle Entrate insorta in tempi relativamente brevi, senza dover attendere lo svolgimento dei tre gradi di giudizio che potrebbe, tra l’altro, avere come esito una pronuncia sfavorevole.

La conciliazione fiscale si perfeziona con un accordo tra le parti che deve garantire un reciproco ristoro delle rispettive pretese, consentendo spesso ai contribuenti di ottenere una riduzione delle imposte e delle sanzioni amministrative richieste dall’Agenzia delle Entrate.

È importante, inoltre, considerare che la conciliazione giudiziale non preclude all’azienda la possibilità di continuare il giudizio, qualora non raggiunga l’accordo sperato con l’Amministrazione Finanziaria.

La conciliazione tributaria può essere perfezionata in udienza ovvero fuori udienza.

La conciliazione tributaria fuori udienza e in udienza

La conciliazione fiscale fuori udienza può essere proposta dall’azienda oppure dal Fisco (articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546). In caso di esito positivo questi devono presentare un’istanza congiunta per la definizione della controversia.

Questa può essere totale o parziale. Nel primo caso riguarda l’intera pretesa dell’Agenzia delle Entrate, mentre nel secondo caso riguarda una parte della pretesa.

Se l’accordo conciliativo è totale, la Commissione Tributaria emette una sentenza di cessata materia del contendere: in tal caso l’azienda ha definitivamente chiuso la partita con il Fisco (articolo 48, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992).

Se l’accordo conciliativo è invece parziale, la Commissione Tributaria prende atto di tale circostanza e procede ad esaminare la causa per la quale le parti non sono invece pervenute all’accordo (articolo 48, comma 2, ultimo capoverso, del D. Lgs. n. 546 del 1992).

La conciliazione può considerarsi perfezionata al momento della sottoscrizione dell’accordo, nel quale devono essere indicate le somme dovute dal contribuente, con i relativi termini e le relative modalità di pagamento (articolo 48, comma 4, del D. Lgs. n. 546 del 1992).

La conciliazione tributaria in udienza

Per quanto riguarda la conciliazione giudiziale in udienza, la stessa può essere azionata dall’azienda, dal Fisco oppure dalla Commissione Tributaria.

Quando è il giudice tributario a prendere l’iniziativa per chiudere il contenzioso mediante la conciliazione giudiziale, questi invita le parti a tentare di definire le rispettive pretese tramite un accordo. Al buon esito della conciliazione giudiziale viene redatto un verbale in udienza contenente tutte le specifiche in merito all’accordo preso relativamente agli importi e all’assolvimento degli stessi (articolo 48-bis, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992).

Ove Fisco e contribuente raggiungano la conciliazione giudiziale, la Commissione Tributaria dichiara con sentenza che il giudizio è estinto per cessata materia del contendere.

I benefici della conciliazione tributaria per l’azienda

Il contribuente che raggiunge un accordo con il Fisco – attraverso l’istituto della conciliazione giudiziale – beneficia di una riduzione delle sanzioni amministrative, pari al 60 per cento se la conciliazione giudiziale interviene in primo grado e pari al 50 per cento se la conciliazione interviene in secondo grado. Il versamento delle somme può essere effettuato sia in un’unica soluzione sia a rate trimestrali.

La conciliazione tributaria rappresenta per l’azienda una valida alternativa al contenzioso tributario insorto con il Fisco.

Gli aspetti positivi di questo strumento sono:

  • i benefici in termini di riduzione delle sanzioni amministrative
  • la possibilità di chiudere una lite tributaria senza dover attendere i tempi per una sentenza definitiva.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e non sostituisce l’attività di un avvocato tributarista.

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Notifica avviso di accertamento a mezzo posta

La notifica dell’avviso di accertamento a mezzo posta per essere valida deve rispettare una serie di requisiti.

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza 15 aprile 2021, n. 10012, ha sancito la nullità della cartella di pagamento notificata al contribuente, con cui l’Amministrazione Finanziaria richiedeva a quest’ultimo imposte, sanzioni e interessi contenute in un precedente avviso di accertamento notificato a mezzo posta di cui non è stata però data dall’Amministrazione Finanziaria la prova della notifica.

1. Notifica accertamento a mezzo posta: la disciplina

In materia tributaria – e in particolar modo nell’ambito dell’attività di riscossione delle imposte – l’esercizio del potere impositivo da parte dell’Amministrazione Finanziaria deve essere effettuato rispettando una precisa sequenza di atti, con le relative notificazioni.

Il rispetto di tale sequenza è fondamentale perché consente al contribuente di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa ai sensi dell’articolo 24 della Costituzione.

Ora, sulla base dell’articolo 8 della legge n. 890, la notifica dell’avviso di accertamento a mezzo posta si perfeziona mediante la consegna del plico raccomandato al contribuente.

Qualora non fosse possibile effettuare la notifica dell’avviso di accertamento per temporanea assenza del contribuente o per rifiuto di quest’ultimo a ricevere l’atto impositivo (la c.d. irreperibilità relativa), l’articolo 8 della legge n. 890 del 1982 impone la notifica al destinatario dell’atto di una seconda raccomandata (a carattere informativo) con cui si avvisa tale soggetto del deposito dell’accertamento fiscale presso l’Ufficio postale.

Ove non venga rispettata tale sequenza, la notifica dell’avviso di accertamento effettuata a mezzo posta è nulla.

La nullità della notifica dell’avviso di accertamento – quale atto presupposto – costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità della cartella di pagamento successivamente notificata.

Secondo la Corte di Cassazione (cfr. la sentenza n. 1144 del 2018) la nullità può essere fatta valere mediante la proposizione di un ricorso tributario avverso la cartella di pagamento, successiva rispetto alla notifica dell’avviso di accertamento al contribuente, evidenziando il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (l’avviso di accertamento appunto).

2. Notifica avviso accertamento a mezzo posta: il caso della sentenza 15 aprile 2021, n. 10012

La fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione – nella sentenza 15 aprile 2021, n. 10012 – riguarda il caso di un contribuente a cui l’Agenzia dell’Entrate-Riscossione (ex Equitalia) ha notificato una cartella di pagamento, derivante da un accertamento fiscale precedente.

Da quello che si evince dagli atti di causa, il contribuente – non avendo mai ricevuto la notifica a mezzo posta dell’avviso di accertamento – ha presentato un ricorso tributario avverso la cartella di pagamento, contestando la mancata notifica dell’avviso di accertamento e quindi l’inesistenza dell’iscrizione a ruolo contenuta nella cartella esattoriale successivamente notificata.

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione verte, in sostanza, sul concetto di irreperibilità relativa.

Come può l’Agenzia delle Entrate assolvere all’onere di provare il perfezionamento della notifica di un avviso di accertamento effettuata mediante il servizio postale nel caso di temporanea assenza del destinatario (c.d. irreperibilità relativa)?

La Corte di Cassazione nella citata sentenza, accogliendo il ricorso del contribuente, ha chiarito che nelle ipotesi di irreperibilità relativa del destinatario la prova della notifica dell’avviso di accertamento a mezzo posta può essere data dall’Amministrazione Finanziaria esclusivamente mediante la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata che attesta l’avvenuto deposito dell’avviso di accertamento stesso presso l’ufficio postale (c.d. CAD), non essendo sufficiente la sola prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata.

Seguendo tale impostazione, la Corte di Cassazione nella sentenza ha dichiarato sia la nullità della notifica dell’avviso di accertamento effettuata a mezzo posta sia la nullità della cartella esattoriale impugnata.

3. Conclusione

Nella notifica a mezzo posta dell’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 890 del 1982, in caso di mancato perfezionamento della notifica stessa per irreperibilità del destinatario, l’Amministrazione Finanziaria deve inviare al contribuente una seconda raccomandata (la cd. raccomandata informativa) con la quale lo si avvisa del deposito dell’avviso di accertamento presso l’ufficio postale in modo che questi possa ritirarlo ed esercitare il diritto di difesa mediante la proposizione di un ricorso tributario.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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Appello incidentale tributario: l’interesse ad agire!

Una peculiare tipologia di impugnazione è rappresentata dall’appello incidentale tributario.

Si tratta di una particolare tipologia di impugnazione che trova applicazione quando, a conclusione del giudizio di primo grado, sia riscontrabile nella sentenza del primo giudice (la Commissione Tributaria Provinciale) una soccombenza reciproca tra contribuente e Ufficio.

1. L’interesse ad agire in questo appello

L’interesse a presentare un appello incidentale tributario è connesso alla “soccombenza” delle parti. Si tratta di una forma di impugnazione in cui ognuna delle parti processuali deve in sostanza avere un interesse ad appellare la sentenza di primo grado.

È importante evidenziare che la soccombenza nel processo tributario deve essere distinta dall’obbligo di devoluzione dei motivi non esaminati o rigettati dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (ai sensi dell’art. 56 del D. Lgs. n. 546 del 1992), per cui si rende invece necessaria la riproposizione dei medesimi nell’atto di controdeduzioni.

Questo perché i motivi e le eccezioni proposte con il ricorso tributario di primo grado non accolti dalla Commissione Tributaria Provinciale devono essere riproposte. Diversamente, le stesse si intendono rinunciate e si formerà il giudicato in relazione alla sentenza della CTP ad esse afferente.

2. La costituzione in giudizio

Sulla base dell’articolo 54, comma 2,del D. Lgs. n. 546 del 1992, l’appello incidentale deve essere depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale entro il termine di 60 giornia decorrere dalla data della notifica dell’appello tributario principale (la cui costituzione deve invece avvenire entro trenta giorni della notifica).

3. Il suo scopo

L’appello incidentale ha come obiettivo quello di preservare il principio dell’unitarietà del giudizio di secondo grado. Lo scopo è di consentire alla Commissione Tributaria Regionale – a seguito della presentazione di un appello tributario principale – di decidere anche in relazione alle impugnazioni presentate dalla altre parti soccombenti.

La differenza fondamentale che sussiste tra appello incidentale tributario e appello tributario è quindi essenzialmente di tipo cronologico, atteso che sotto il profilo dell’interesse ad impugnare ogni appello tributario(principale e incidentale) gode di autonomia propria.

L’appello tributario principale è quello presentato per primo da una delle due parti parzialmente soccombenti (la parte appellante) e che determina l’instaurazione del processo di secondo grado in Commissione Tributaria Regionale. L’appello incidentale tributario, invece, anch’esso contenente dei motivi di impugnazione in relazione alla sentenza di primo grado, è quello che viene predisposto dall’appellato dopo aver ricevuto la notifica dell’appello principale.

Sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. la sentenza della Corte di Cassazione 13 novembre2013, n. 25506), appello tributario principale e appello tributario incidentale sono autonomi tra di loro. Ciò significa che qualora l’appello principale venisse dichiarato inammissibile, tale pena di inammissibilità non colpirebbe automaticamente l’appello tributario incidentale, purché questo sia chiaramente tempestivo (cfr. sul punto anche la circolare del Ministero delle Finanze 23 aprile 1996, n. 98).

Non è quindi da escludere che la Commissione Tributaria Regionale dichiari per qualche motivo inammissibile l’appello principale e accolga, invece, l’appello tributario incidentale. In tal caso, è dunque possibile che il giudice di secondo grado dichiari inammissibile o respinga l’appello principale e accolga quello incidentale (cfr. la sentenza della Corte di Cassazione 6dicembre 2013, n. 27420).

È, infine, importante evidenziare che l’appello incidentale tributario va distinto dall’obbligo di devoluzione delle problematiche non esaminate in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale.

La devoluzione delle questioni non esaminate può infatti essere effettuata anche oltre il termine previsto dall’articolo 54 del D. Lgs. n. 546 del 1992 per la costituzione in Commissione Tributaria Regionale da parte del soggetto appellato.

4. Quando questo appello è tardivo?

Dall’appello incidentale tributario deve distinguersi l’appello incidentale tributario tardivo.

Con tale ultimo termine si è soliti indicare l’appello che viene notificato successivamente rispetto alla presentazione di un primo appello principale e che viene depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale – anche se entro i sessanta giorni di cui all’articolo 54, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 –successivamente al termine per l’impugnazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale.

L’appello tardivo è soggetto al rispetto di determinati vincoli ai fini della sua ammissibilità e presuppone che l’interesse alla sua proposizione scaturisca proprio dalla proposizione dell’appello principale. Ciò significa che qualora l’appello tributario principale fosse dichiarato inammissibile la stessa sorte toccherebbe all’appello incidentale tributario tardivo.

Ciò che caratterizza, quindi, l’appello incidentale tributario tardivo è l’assenza di un autonomo interesse a presentare l’impugnazione.

Nella sentenza n. 1664 del 2004, la Corte di Cassazione ha evidenziato che in presenza di una situazione di reciproca soccombenza, l’appello incidentale tardivo è ammesso anche nei confronti di un capo autonomo della sentenza rispetto a quello investito dall’impugnazione principale, sempreché l’interesse a proporre l’impugnazione incidentale dipenda dall’avvenuta proposizione di quella principale.

Da quanto detto appaiono evidenti i rischi in cui si incorre in presenza di un appello incidentale tributario tardivo.

Alla luce di tali considerazioni, in presenza di una sentenza di primo grado in cui si è parzialmente soccombenti e per la quale vi è un interesse a proporre impugnazione, appare consigliabile:

  • predisporre un appello tributario principale o, in alternativa
  • presentare un appello incidentale tributario tempestivo, entro i termini per l’impugnazione della sentenza di primo grado prime cure.

Qualora non fosse possibile presentare un appello tributario principale o l’appello incidentale, appare utile effettuare una valutazione in merito alla sussistenza di un interesse a presentare l’appello incidentale tardivo.

Ove quest’ultimo fosse sorretto da un interesse autonomo ai fini dell’impugnazione sarebbe inammissibile, ed il suo esame sarebbe, quindi precluso.

Tale interpretazione è stata confermata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2258 del 2018.

5. Il contributo unificato nell’appello incidentale

Se si intende presentare tale appello, è necessario il pagamento del contributo unificato.

Per determinare correttamente l’importo del contributo unificato tributario occorre riferirsi al valore della controversia: occorre cioè considerare le imposte richieste con l’accertamento fiscale, senza le sanzioni e gli interessi.

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Ricorso tributario: come fare?

Quando l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notificano al contribuente un atto di accertamento, vi è la possibilità – qualora si ravvisi l’infondatezza nel merito della pretesa ovvero si ravvisi l’esistenza di vizi di legittimità dello stesso – di presentare un ricorso tributario, instaurando un processo telematico tributario.

È importante preliminarmente evidenziare che, i gradi di giudizio tributario nel nostro ordinamento sono tre:

  1. il giudizio di primo grado dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale;
  2. il giudizio di secondo grado dinanzi la Commissione Tributaria Regionale;
  3. il giudizio di legittimità dinanzi la Corte di Cassazione.

1. Ricorso tributario e istituti deflattivi del contenzioso

Ora, prima di entrare nel merito del nostro argomento, occorre preliminarmente evidenziare che presentare questo ricorso ed instaurare un processo telematico tributario non sempre è la soluzione migliore.

Ove la pretesa dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione si rilevi fondata, le possibilità di accoglimento del ricorso tributario in Commissione Tributaria sarebbero risibili. Per tale ragione appare opportuno valutare una definizione bonaria del contenzioso tramite gli istituti deflattivi del contenzioso tributario. Non essendo questa la sede per affrontare tale argomento, ci limitiamo semplicemente ad enuclearli. Si tratta:

  • dell’istanza di accertamento con adesione;
  • dell’acquiescenza;
  • della definizione agevolata delle sanzioni;
  • dell’accordo di mediazione.

2. I requisiti

Nel ricorso è necessario indicare:

  • la Commissione Tributaria adita;
  • le parti del processo tributario (i dati del ricorrente – come il codice fiscale e la residenza – e dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, con relative PEC);
  • l’atto impugnato ai sensi dell’art 19 dlgs 546/92;
  • i motivi di ricorso.

È da notare che tale ricorso deve essere sottoscritto dal difensore (un avvocato tributarista o un dottore commercialista) e deve indicare la categoria a cui appartiene. Nel ricorso occorre anche inserire la procura (procura ricorso tributario).

3. Atti impugnabili nel processo tributario

In linea generale il ricorso tributario può essere presentato in relazione a tutti gli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate e in relazione alla maggior parte degli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Gli atti impugnabili nel processo tributario sono delineati nell’ art 19 dlgs 546/92, cui si rimanda per semplicità.

A titolo esemplificativo, può essere presentato un ricorso avverso l’avviso di accertamento, il ruolo e la cartella di pagamento, l’avviso di liquidazione e il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi.

4. Ricorso tributario senza difensore?

Per le controversie con valore fino a euro 3.000, il contribuente può presentare un ricorso tributario senza difensore.

È importante notare che per controversie con valore fino a euro 3.000 si intendono quelle cause in cui nell’atto impositivo l’imposta o le imposte richieste non siano superiori a 3.000 euro.

5. Il ricorso telematico: la formazione dell’atto

A seguito delle modifiche apportate all’articolo 16-bis, comma 3, del dlgs 546/92 dall’articolo 16, comma 1, lettera a), numero 4) del DL n. 119/2018, oggi il ricorso tributario deve essere formato con modalità digitale.

Tali norme hanno in sostanza introdotto il ricorso tributario telematico, che deve:

·        essere costituito in formato PDF/A-1a o PDF/A-1;

·        essere sottoscritto con firma elettronica in formato p7m.

Se questo non viene predisposto sulla base di tali specifiche tecniche è inammissibile.

6. Calcolo termini del ricorso

La corretta instaurazione di un processo tributario implica il rispetto di determinati termini sia per la notifica sia per il deposito del ricorso in Commissione Tributaria.

7. Notifica del ricorso

La notifica del ricorso tributario deve essere effettuata entro il termine di 60 giorni, a decorrere dalla data di notifica dell’atto impositivo.

Se è stata presentata istanza di accertamento con adesione (solo nei casi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate), la notifica del ricorso tributario deve essere effettuato entro il termine di 150 giorni dalla notifica dell’atto impositivo.

La notifica del ricorso tributario all’Agenzia delle Entrate ovvero all’Agenzia delle Entrate-Riscossione da parte del contribuente deve esclusivamente avvenire a mezzo PEC: tale modalità di notifica è diventata obbligatoria dal 1° luglio 2019 – a seguito delle modifiche apportate con il decreto-legge n. 119/2018,convertito nella legge 17 dicembre 2018, n° 136 – all’articolo 16-bis del decreto legislativo n. 546/92.

Ai fini delle notifiche da effettuare nell’ambito del processo telematico tributario, la PEC è reperibile nei seguenti pubblici elenchi:

  • INI-PEC (indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, di cui all’articolo 6-ter del CAD);
  • IPA (indice nazionale dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi di cui all’art. 6-ter del CAD).

8. Termine iscrizione al ruolo del ricorso

Il termine per la costituzione in giudizio del ricorso tributario in Commissione Tributaria Provinciale è a pena di improcedibilità di 30 giorni dalla data dalla notifica del ricorso alla controparte. Per le controversie aventi un valore inferiore ai 50.000,00 – per le quali deve essere esperita la mediazione obbligatoria – il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio decorre dopo novanta giorni dalla notifica del ricorso reclamo tributario.

Per depositare un ricorso è obbligatorio avvalersi del Processo Tributario Telematico, registrandosi al SIGIT.

9. La sospensione dei termini nel ricorso

Salvo provvedimenti legislativi ad hoc in determinati periodi storici, la sospensione dei termini nel ricorso tributario opera in due casi.

Nel caso in cui si predisponga un’istanza di accertamento con adesione. In tal caso, i termini sono sospesi per 90 giorni e il termine complessivo per presentare un ricorso tributario è di 150 giorni a decorrere dalla data di notifica.

Nel caso di sospensione feriale, ai sensi della legge 7 ottobre 1969, n. 742: i termini sono sospesi per 30 giorni (dal 1° al 31 agosto di ciascun anno) e il termine per presentare un ricorso tributario è di 91 giorni.

È importante notare che la sospensione dei termini nel ricorso tributario in caso di accertamento con adesione è cumulabile con la sospensione feriale dei termini.

10. Ricorso tributario cartaceo inammissibile

Occorre evidenziare che, sulla base delle nuove norme, oggi non è più possibile notificare il ricorso tributario mediante consegna diretta, ufficiale giudiziario ovvero mediante plico raccomandato.

Ove si proceda con tali modalità, in luogo dell’unica modalità consentita (PEC), il ricorso tributario è inammissibile.

Quando però la notifica via PEC non si perfeziona per cause imputabili alla PEC del destinatario è possibile procedere con le modalità analogiche di notifica del ricorso in originale (consegna a mano, ufficiale giudiziario o plico raccomandato).

In tal caso è necessario

  • predisporre una dichiarazione del notificante con cui si attesta che la modalità di notifica analogica si è resa necessaria per cause imputabili alla PEC del destinatario;
  • stampare la ricevuta di accettazione e mancata consegna PEC e allegarli all’attestazione.

In tali ipotesi, la notifica deve avvenire entro un tempo pari alla metà dei termini di cui all’articolo 325 cpc (cfr. Cassazione a Sezioni Unite n. 14594 del 2019).

Sussiste in ogni caso obbligo deposito telematico.

11. Ricorso in Commissione tributaria: costi

Quanto costa questo ricorso?

Il costo di questo ricorso dipende da due fattori: dall’onorario dell’avvocato tributarista e dal contributo unificato (CUT).

Qui di seguito forniamo uno schema riepilogativo complessivo di quanto costa.

Ricorso tributario costi
Ricorso tributario: i costi

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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La mediazione tributaria: come funziona e quali vantaggi!

La mediazione tributaria è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario.

Tale strumento è stato introdotto – ad opera dell’articolo 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 luglio 2011, n. 111 – nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, mediante un’apposita norma contenuta nell’articolo 17-bis.

L’obiettivo della mediazione tributaria è quello di prevenire le liti tributarie che possono essere risolte in via amministrativa, consentendo al contribuente e all’Agenzia delle Entrate di pervenire ad un accordo di mediazione in merito all’imposta e alle sanzioni dovute.

1. Quando è obbligatoria?

La mediazione tributaria è obbligatoria per le controversie aventi un valore non superiore a 50.000,00 euro.

Per stabilire se ci si trova nell’ambito di operatività della mediazione tributaria obbligatoria, ai fini della determinazione della soglia di 50.000,00 euro occorre considerare:

  • soltanto l’imposta richiesta (o le imposte richieste) con l’atto impositivo, al netto delle sanzioni e degli interessi;
  • il valore della controversia per ogni singolo accertamento fiscale.

Ove si proceda con l’impugnazione di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore della controversia è costituito dalla somma di queste.

La mediazione tributaria è applicabile anche alle controversie relative ai tributi locali (TARSU, Tari).

Alla mediazione tributaria non si applica la conciliazione tributaria.

2. Mediazione tributaria: ambito di operatività

La mediazione tributaria trova applicazione per i seguenti atti emessi (dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione), se aventi chiaramente valore inferiore a 50.000:

  • avviso di accertamento;
  • avviso di liquidazione;
  • provvedimento che irroga le sanzioni;
  • il ruolo;
  • il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e d’interessi o altri accessori non dovuti;
  • il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
  • cartelle di pagamento (esclusivamente) per vizi propri;
  • il fermo di beni mobili registrati;
  • l’iscrizione di ipoteca su beni immobili;
  • tutti gli atti impugnabili davanti alla Commissione tributaria.

Mediazione tributaria enti locali: occorre evidenziare che ove il contribuente abbia ricevuto un avviso di accertamento in materia di tributi locali è obbligatorio esperire la mediazione tributaria se l’atto è inferiore a 50.000 euro.

3. Mediazione tributaria improcedibile

La mediazione tributaria è improcedibile quando:

  • l’atto ha un valore superiore a 50.000,00 euro;
  • non è possibile determinare il valore dell’atto (fatta eccezione per le operazioni di natura catastale, concernenti il classamento degli immobili e l’attribuzione della rendita catastale);
  • l’atto ha per oggetto le sanzioni accessorie, ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;
  • si è in presenza di istanze di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;
  • l’atto afferisce all’attività dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • l’atto fiscale non è soggetto ad impugnazione (come, ad esempio, nel caso di risposta a istanza di interpello);
  • l’atto fiscale riguarda il recupero di aiuti di Stato.

4. È possibile attivare la procedura di accertamento con adesione per le liti soggette a mediazione tributaria?

Nella mediazione tributaria obbligatoria il contribuente può – anteriormente alla presentazione del ricorso con l’istanza di reclamo mediazione – presentare un’istanza di accertamento con adesione al fine di addivenire ad un accordo con l’Ufficio.

Nell’ipotesi in cui la procedura di accertamento con adesione non porti ad un esito positivo, il contribuente può esperire il reclamo dopo accertamento con adesione.

5. Accordo di mediazione: i vantaggi

Una volta attivato, il procedimento di mediazione tributaria viene gestito da uffici dell’Agenzia delle Entrate diversi rispetto all’ufficio che ha notificato l’atto di accertamento.

Tale Ufficio, all’esito dell’istruttoria operata in merito all’istanza presentata dal contribuente, può accogliere, anche parzialmente, o rigettare l’istanza stessa (diniego reclamo mediazione) oppure può formulare una proposta di mediazione tributaria (accoglimento parziale reclamo tributario).

Per quanto è di interesse in questa sede, va osservato che la mediazione tributaria comporta il beneficio per il contribuente sotto il profilo sanzionatorio: le sanzioni si applicano infatti nella misura del trentacinque per cento del minimo previsto.

Tale riduzione si ottiene anche nell’ipotesi in cui il contribuente, a seguito di mancato accordo su una eventuale riduzione dell’imposta da parte dell’Ufficio, opti per il pagamento dell’intera imposta richiesta con l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate.

La mediazione tributaria si conclude mediante la sottoscrizione di un apposito accordo di mediazione tra l’Ufficio e il contribuente e si perfeziona con il versamento entro venti giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata.

Nell’ipotesi in cui il contribuente – dopo al versamento della prima rata – non versi le rate successive, l’atto di mediazione costituisce titolo per la riscossione coattiva delle somme dovute.

6. Come attivare la mediazione tributaria: il ricorso reclamo

Per le controversie per le quali trova applicazione la mediazione tributaria obbligatoria, il contribuente – con un avvocato tributarista, che diventa in tal caso un mediatore tributario – deve innanzi tutto presentare un ricorso tributario telematico che produce anche gli effetti di un reclamo. Si tratta del ricorso reclamo o ricorso reclamo tributario.

Il contribuente, in caso di impugnazione, può anche presentare il ricorso con istanza di mediazione con la quale può proporre una soluzione alla pretesa dell’Agenzia delle Entrate al fine di pervenire ad un accordo con quest’ultima.

L’atto, comprensivo del ricorso reclamo tributario e dell’istanza di mediazione tributaria, deve essere notificato via PEC alla all’ufficio con le stesse modalità e sulla base degli stessi termini previsti per il ricorso tributario, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Al momento della notifica del ricorso reclamo, occorre allegare anche i documenti necessari affinché l’Agenzia delle Entrate possa esaminare la proposta di mediazione tributaria.

Anche per le liti tributarie soggette a mediazione tributaria si applica la sospensione feriale dei termini dal 1° al 31 agosto.

Inoltre, in caso di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione il termine per la proposizione del ricorso reclamo è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione.

7. Deposito del ricorso reclamo alla Commissione Tributaria Provinciale

Una volta notificato il ricorso reclamo tributario, contenente l’istanza di mediazione tributaria, il contribuente prima di costituirsi in Commissione Tributaria Provinciale deve attendere 90 giorni a decorrere dalla notifica all’Ufficio dell’atto prima che il processo tributario entri nel vivo.

Vi è, in sostanza, una forma di sospensione termini ai fini della costituzione nei casi di mediazione tributaria, utile per consentire al contribuente e all’Amministrazione Finanziaria di tentare di pervenire ad un accordo.

Se non si perviene ad un accordo, trascorsi i 90 giorni, il ricorso reclamo tributario deve essere depositato in via telematica (SIGIT) entro 30 giorni presso la Commissione Tributaria Provinciale che ha sede nella medesima circoscrizione dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto impositivo.

Per procedere alla costituzione in giudizio mediante iscrizione a ruolo del ricorso reclamo tributario è necessario provvedere al pagamento del contributo unificato tributario. Considerato che nelle liti soggette a mediazione tributaria la controversia non può avere un valore maggiore a 50.000,00 euro, il contributo unificato tributario è pari a:

  • 30,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 0 e 2.582,28 euro;
  • 60,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 2.582,29 e 5.000,00 euro;
  • 120,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 5.000,01 e 25.000,0 euro;
  • 250,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 25.000,01 e 49.999,99 euro.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni compila il form

Appello tributario: i termini di notifica e di deposito

Si rende necessario predisporre un appello tributario ogni qualvolta il contribuente, a seguito della presentazione di un ricorso tributario in Commissione Tributaria Provinciale, ottenga una sentenza a lui sfavorevole.

1. I requisiti

Come espresso dall’articolo 53 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, tale appello deve contenere:

  1. l’indicazione della Commissione Tributaria Regionale;
  2. l’appellante e l’appellato (Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Entrate-Riscossione);
  3. gli estremi della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale;
  4. l’avviso di accertamento o l’atto fiscale di cui si chiede l’annullamento;
  5. l’esposizione sommaria dei fatti;
  6. i motivi specifici di impugnazione;
  7. la sottoscrizione del difensore;
  8. la nomina del difensore (procura appello tributario);
  9. l’indirizzo PEC e codice fiscale del difensore;
  10. l’indirizzo PEC e codice fiscale del ricorrente;
  11. la dichiarazione del valore della causa.

Qualora uno o più dei suddetti elementi non venisse indicato nell’atto, l’appello tributario potrebbe risultare inammissibile.

L’appellante ha facoltà di richiedere nel ricorso tributario in appello la sospensione dell’esecutività dell’atto se questo può provocargli, un danno grave e irreparabile, come stabilito dall’articolo 52, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

È importante altresì notare che nel ricorso tributario in appello non possono essere proposte nuove domande, e se presentate, devono essere dichiarate inammissibili d’ufficio Per quanto riguarda il giudice non può disporre nuove prove, salvo non diventino indispensabili ai fini della decisione.

2. La Commissione Tributaria Regionale competente

Per una corretta costituzione nel secondo grado di giudizio, è necessario individuare la Commissione Tributaria Regionale competente

Ogni Commissione Tributaria Regionale, che ha sede in ogni capoluogo di Regione, esamina, in sostanza, gli appelli predisposti avverso le sentenze emesse dalle Commissioni Tributarie ubicate nelle Province di quella data Regione. Non tutte le Province italiane hanno la relativa Commissione Tributaria: si tratta delle nuove province di Barletta-Andria-Trani, Carbonia-Iglesias, Fermo, Medio-Campidano, Monza-Brianza, Ogliastra ed Olbia-Tempio.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, ad esempio, è competente ad esaminare le sentenze Commissioni Tributarie che hanno sede nelle province della Lombardia.

Ciò significa che avverso una sentenza emessa dalle suddette Commissioni Tributarie dovrà essere necessariamente proposto un appello tributario da depositare presso la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia e non, ad esempio, presso la Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Una menzione deve essere poi fatta per le sezioni distaccate. In molte Regioni di Italia, la Commissione Tributaria Regionale ha delle sedi distaccate. In tal caso, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione 30 dicembre 2020, n. 29886, bisogna prestare attenzione ad indicare la corretta Commissione Tributaria Regionale competente.

3. La notifica

Conoscere e rispettare i termini dell’appello è essenziale al fine di evitare l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità dello stesso.

La disciplina applicabile nel processo tributario, contenuta nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, si richiama alla normativa contenuta nel codice di procedura civile.

In particolare, la notifica del ricorso in appello deve essere effettuata:

  • entro il termine sessanta giorni dalla notifica della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale ad opera della controparte;
  • entro il termine sei mesi dalla data di deposito della sentenza presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale, se la stessa non è stata notificata dalla controparte.

Occorre sottolineare che la decorrenza dei suddetti termini è sospesa tra il 1° e il 31 agosto (la cosiddetta sospensione feriale).

Merita poi evidenziare che, sulla base della nuova disciplina inerente il processo tributario telematico, la notifica dell’appello tributario deve avvenire a mezzo PEC, ad eccezione di quei casi in cui per cause imputabili alla PEC del destinatario è possibile procedere alla notifica con le modalità analogiche.

Nel processo telematico tributario, la PEC è reperibile nei seguenti pubblici elenchi:

  • INI-PEC;
  • IPA.

4. La sua costituzione

È importante notare che per costituirsi in giudizio e depositare un appello tributario è obbligatorio avvalersi del processo telematico tributario, registrandosi al SIGIT.

La costituzione in appello deve avvenire entro il termine di 30 giorni a partire dalla data di notifica dell’atto alla controparte.

Unitamente all’appello e agli allegati occorre depositare le ricevute PEC di notifica e accettazione, anch’esse firmate digitalmente.

La costituzione dell’appellato deve avvenire entro 60 giorni della notifica, mediante il deposito di un atto di controdeduzioni all’appello.

5. Appello tributario telematico

Sulla base delle norme attuali, l’appello tributario deve essere formato con modalità digitale e deve:

  • essere costituito in formato PDF/A-1a o PDF/A-1;
  • essere sottoscritto con firma elettronica in formato p7m.

Se il ricorso in appello non viene predisposto sulla base di tali specifiche tecniche è inammissibile.

6. Appello tributario e appello incidentale tributario

Dall’appello tributario si distingue l’appello incidentale tributario.

L’appello incidentale tributario è lo strumento processuale che l’ordinamento fiscale mette a disposizione delle parti (contribuente o Agenzia delle Entrate/Agenzia delle Entrate-Riscossione) nell’ipotesi in cui queste siano risultate parzialmente vittoriose nel processo tributario di primo grado.

In tali ipotesi l’interesse di entrambe le parti è di proporre un ricorso in appello avverso la sentenza impugnata della Commissione Tributaria Provinciale.

Tuttavia, uno solo degli appelli tributari proposti può essere il principale.

Quindi, la parte che procede per prima alla notifica dell’appello alla controparte è sostanzialmente la parte che instaura la lite in secondo grado, determinando l’appello tributario principale.

La parte appellata – la parte cioè che per prima ha ricevuto la notifica dell’appello – dovrà invece proporre atto di controdeduzioni e appello incidentale tributario: quest’ultimo deve quindi essere formulato nello stesso atto di controdeduzioni della parte appellata.

In sostanza, l’appello incidentale tributario si distingue dal ricorso in appello per il solo motivo temporale, in quanto predisposto successivamente alla avvenuta notifica dell’appello principale.

L’appello incidentale tributario – unitamente alla parte dello stesso proposto a titolo di controdeduzioni all’appello tributario principale – deve essere proposto entro il termine di 60 giorni a decorrere dalla notifica dell’appello principale a pena di inammissibilità.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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Avvocato tributarista: chi è, cosa fa e quanto costa!

In questo articolo spieghiamo quali sono le caratteristiche dell’avvocato tributarista e quale è la sua funzione all’interno dell’avvocatura.

Dobbiamo prima chiarire però che avvocato tributaristaavvocato fiscalistaavvocato fiscale e avvocato tributario sono, in sostanza, la stessa cosa: si tratta di un avvocato che ha seguito un percorso di specializzazione nel diritto tributario. Il tributarista puro, invece, non necessariamente è un avvocato.

La domanda che molti si pongono è se l’avvocato tributarista può considerarsi un avvocato contro l’agenzia delle entrate.

Se vuoi saperne di più leggi questo articolo oppure guarda il video sul nostro canale.

Clicca qui per vedere il video!

1. Come si diventa avvocato tributarista?

La prima cosa che bisogna evidenziare è che l’avvocato tributarista è, prima di tutto, un avvocato.

Questo vuol dire che se si vuole esercitare la professione di avvocato fiscalista occorre innanzi tutto conseguire la laurea in giurisprudenza. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza è necessario:

– aver svolto i 18 mesi di pratica legale;

– superare l’esame per l’esercizio della professione forense.

Successivamente è fondamentale intraprendere un percorso di specializzazione – attesa la complessità del diritto tributario – attraverso la collaborazione con uno studio tributario o con uno studio legale tributario di prima fascia ovvero mediante il conseguimento di un Master tributario di II livello.

In conclusione, al fine di poter esercitare la professione di avvocato tributarista è necessario aver conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense e seguire un percorso di perfezionamento in diritto tributario: occorre avere quindi una conoscenza approfondita nella materia fiscale e tributaria.

Tutti gli avvocati tributaristi di 4tax hanno collaborato con uno studio tributario o con uno studio legale tributario di primissima fascia e molti di loro hanno frequentato un Master tributario di II Livello.

2. Avvocato fiscalista cosa fa?

L’avvocato tributarista di cosa si occupa?

Difende le aziende e persone fisiche nelle liti tributarie con l’Agenzia delle Entrate, instaurando un contenzioso in Commissione Tributaria Provinciale o in Commissione Tributaria Regionale oppure dinanzi la Corte di Cassazione.

L’avvocato tributario rappresenta i contribuenti nelle controversie contro l’Agenzia delle Entrate o contro l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impugnando gli atti impositivi con cui il Fisco formula una precisa pretesa tributaria a carico del contribuente.

In primo luogo, l’avvocato tributario svolge attività di tipo contenzioso.

L’avvocato fiscalista assiste i contribuenti in tutte quelle ipotesi in cui tali soggetti – dopo aver ricevuto un atto fiscale – vogliono:

– cercare un accordo con l’Agenzia delle Entrate nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione;

– tentare di annullare l’avviso di accertamento mediante la presentazione dell’autotutela tributaria.

In secondo luogo, l’avvocato tributario svolge anche attività stragiudiziale.

Infine, l’avvocato tributarista può anche svolgere un’attività di consulenza tributaria tipica del consulente ma, di regola, non compie adempimenti fiscali.

3. Quanto costa un avvocato tributarista?

Cerchiamo adesso di capire quanto costa questo avvocato.

Rispondere a questa domanda è molto difficile perché oltre al valore della controversia indicato nelle tariffe professionali occorre considerare molti fattori, tra cui:

– il valore dell’atto impositivo;

– il numero e la complessità delle fattispecie (difendersi da un avviso di accertamento con una contestazione pari a 500.000,00 euro costa meno rispetto a un avviso di accertamento con tre contestazioni che insieme valgono 500.000,00 euro);

– lo studio tributarista, lo studio legale tributario o l’avvocato fiscalista a cui ci si rivolge (affidarsi a uno studio tributario di prima fascia o a un avvocato fiscalista affermato costa di norma molto di più);

– città in cui si trova lo studio legale tributario o l’avvocato tributarista (nelle principali città italiane – quali Roma, Milano, Torino e Napoli – l’avvocato tributarista è più caro);

– urgenza e situazione del cliente.

Avvocato tributarista quanto costa

4. Avvocato tributarista, dottore commercialista e tributarista: quali sono le differenze?

Rispondere a questa domanda è molto difficile. Noi di 4tax abbiamo la nostra visione, frutto di anni di esperienza con i nostri avvocati fiscalisti in tutta Italia.

In uno studio tributarista o in uno studio legale tributario di prima fascia nelle principali città italiane (Roma, Milano, Torino, e Napoli) la figura dell’avvocato tributarista si sovrappone spesso alla figura del dottore commercialista. È infatti possibile trovare un avvocato tributario preparatissimo nella consulenza come è possibile trovate un dottore commercialista bravo nel contenzioso tributario.

Nelle piccole città, nelle quali è difficile trovare realtà professionali molto strutturate ,l’avvocato tributarista rappresenta il contribuente in giudizio mentre il commercialista opera nel settore della consulenza.

L’unica vera differenza è che il dottore commercialista non può assistere il contribuente nel giudizio per Cassazione.

Le figure dell’avvocato tributarista e del dottore commercialista si differenziano dal tributarista puro, che diversamente dalle prime due figure non è necessariamente un professionista iscritto all’albo.

5. Conclusioni

Alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto, possiamo concludere dicendo che questo non è un avvocato contro l’Agenzia delle Entrate ma un avvocato che aiuta le imprese a difendersi dalle pretese dell’Amministrazione Finanziaria.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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Come presentare un ricorso tributario!

Ricorso tributario, termini e deposito: alcune semplici ma essenziali informazioni!

Se l’Agenzia delle Entrate notifica al contribuente un atto impositivo, vi è la possibilità – qualora si ravvisi l’infondatezza nel merito della pretesa ovvero si ravvisi l’esistenza di vizi di legittimità dello stesso – di presentare un ricorso tributario.

Se hai necessità di capire come predisporre un buon ricorso, qui di seguito trovi l’essenziale per iniziare. A questo link trovi le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.

Ti segnaliamo però, in relazione ai motivi di impugnazione, che non esiste un modo preciso su come predisporre un ricorso alla Commissione Tributaria: ogni atto impugnato è diverso dall’altro a seconda della contestazione operata dall’Agenzia delle Entrate.

1. Gli istituti deflattivi del contenzioso tributario

È importante notare che prima di presentare un ricorso tributario, occorre sempre valutare la possibilità di definire la pretesa fiscale mediante istituti deflattivi del contenzioso tributario. Il ricorso alla Commissione Tributaria non è sempre la giusta soluzione.

Non sempre infatti è consigliabile instaurare una lite contro l’Agenzia delle Entrate ovvero contro l’Agenzia delle Entrate-Riscossione senza aver dapprima valutato la possibilità di pervenire ad un buon accordo con il fisco.

Gli istituti deflattivi del contenzioso tributario sono:

– il procedimento di accertamento con adesione;

– l’acquiescenza;

– la definizione agevolata delle sanzioni;

– l’accordo di mediazione.

2. Quali atti possono essere impugnati in Commissione Tributaria?

In linea generale i ricorsi tributari possono essere presentati in relazione a tutti gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate e in relazione alla maggior parte degli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Sono, in sostanza, impugnabili i provvedimenti con i quali si determina una precisa pretesa tributaria a carico del contribuente. In particolare, può essere presentato un ricorso avverso:

– l’avviso di accertamento del tributo;

– l’avviso di liquidazione del tributo;

– il provvedimento che irroga le sanzioni;

– il ruolo e la cartella di pagamento;

– l’avviso di mora;

– l’iscrizione di ipoteca sugli immobili;

– il fermo amministrativo;

– gli atti relativi alle operazioni catastali;

– il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e d’interessi o altri accessori non dovuti;

– il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

– ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

3. Notifica del ricorso tributario

Se hai deciso di impugnare l’accertamento fiscale ovvero la cartella di pagamento che ti è stata notificata, devi presentare un ricorso tributario entro il termine di 60 giorni, a decorrere dalla data di notifica dell’atto.

Se hai presentato istanza di accertamento con adesione (solo nei casi di accertamento fiscale) ed hai deciso di presentare ricorso, puoi farlo entro il termine di 150 giorni dalla notifica dell’atto impositivo da parte dell’Agenzia delle Entrate.

La notifica del ricorso all’Agenzia delle Entrate ovvero all’Agenzia delle Entrate-Riscossione da parte del contribuente deve esclusivamente avvenire a mezzo PEC, secondo le indicazioni contenute nella normativa inerente al Processo Tributario Telematico (PTT).

La notifica del ricorso tributario a mezzo PEC (indirizzo di posta elettronica certificata) è diventata obbligatoria dal 1° luglio 2019 – a seguito delle modifiche apportate con il decreto-legge n. 119/2018,convertito nella legge 17 dicembre 2018, n° 136 – all’articolo 16-bis del decreto legislativo n. 546/92.

Nel ricorso tributario, oltre all’indirizzo di posta elettronica certificata, deve essere inserito anche il codice fiscale del difensore e del contribuente.

Ricordiamo che oggi non è più possibile notificare il ricorso mediante consegna diretta.

4. Termine iscrizione a ruolo del ricorso tributario in Commissione Tributaria

Il termine per la costituzione in giudizio del ricorso ctp è a pena di inammissibilità di 30 giorni, a decorrere dalla notifica del ricorso alla controparte. Per le controversie aventi un valore inferiore ai 50.000,00 – per le quali deve essere presentata mediazione – il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio decorre dopo novanta giorni dalla notifica del ricorso tributario.

Il ricorso tributario deve essere depositato presso la Commissione Tributaria Provinciale che ha sede nella medesima circoscrizione dell’ufficio dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate ovvero Agenzia delle Entrate-Riscossione) che ha emesso l’atto impositivo.

Ingenerale la maggior parte degli atti impositivi presentano l’indicazione della Commissione Tributaria Provinciale cui indirizzare il ricorso. Per non sbagliare, quindi, consigliamo sempre di leggere attentamente tra le avvertenze che ogni atto impositivo reca per evitare di sbagliare la Commissione Tributaria dove depositare il ricorso.

È importante notare che per depositare un ricorso è obbligatorio avvalersi del Processo Tributario Telematico, registrandosi al SIGIT.

Perle controversie con valore fino a euro 3.000, i contribuenti non hanno un obbligo di avvalersi del Processo Tributario Telematico ben potendo presentare un ricorso senza l’ausilio di un difensore abilitato.

5. Il contributo unificato tributario

Al fine di poter depositare un ricorso tributario contro l’Agenzia delle Entrate ovvero contro l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è necessario provvedere al pagamento del contributo unificato tributario. L’importo del contributo unificato tributario è determinato sulla base del valore della controversia sulla base dei valori che seguono:

·        30,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 0 e 2.582,28 euro;

·        60,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 2.582,29 e 5.000,00 euro;

·        120,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 5.000,01 e 25.000,0 euro;

·        250,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 25.000,01 e 75.000,01 euro;

·        500,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 75.000,01 e 200.000,00 euro;

·        1.500,00 euro, per controversie aventi un valore da 200.000,01 euro in su.

Occorre sottolineare che il contributo unificato tributario è dovuto per ogni grado di giudizio da parte del soggetto che intende instaurare la lite. Se, ad esempio, il contribuente ha avuto un esito positivo in primo grado, lo stesso non avrà necessità di appellare la sentenza e conseguentemente non dovrà versare il contributo unificato. Se, invece, il contribuente ha avuto una sentenza negativa in primo grado e intende proporre appello in Commissione Tributaria Regionale, deve pagare il contributo unificato.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

Se hai necessità di maggiori informazioni puoi inviarci una mail all’indirizzo 4tax.it@4tax.it o compilare il form di contatto qui sotto.

La notifica dell’avviso di accertamento: possibili scenari!

L’obiettivo di questo articolo è quello di delineare le diverse strade che il contribuente può perseguire quando riceve la notific dell’ avviso di accertamento.

1. La notifica dell’avviso di accertamento: iter processuale

La prima cosa che occorre sapere quando si riceve una notifica dell’avviso di accertamento è che il contribuente – qualora decida di contrastare la pretesa dell’Agenzia delle Entrate – può presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Una volta notificato il ricorso, il difensore del contribuente deve a pena di inammissibilità procedere con il deposito telematico del ricorso stesso entro 30 giorni a decorrere dalla notifica.

Prima dell’udienza fissata per la discussione del merito, è possibile depositare delle memorie con documenti (20 giorni prima dell’udienza di merito) ovvero depositare delle memorie illustrative (10 giorni liberi prima).

Qualora il contribuente ottenga una sentenza sfavorevole in primo grado, è necessario proporre appello entro sei mesi dalla data di deposito della sentenza presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale.

È importante notare che ove la scadenza del termine per proporre appello intercorra durante il mese di agosto, si applica la cosiddetta sospensione feriale. Sarà quindi necessario aggiungere ai predetti sei mesi i 31 giorni di agosto.  Si pensi a una sentenza depositata in Commissione Tributaria Provinciale il 16 luglio 2020. La scadenza dell’appello è il 16 febbraio 2021 (6 mesi fino al 16 gennaio 2020 + i 31 giorni di agosto).Tali tempistiche non si applicano ove l’Agenzia delle Entrate proceda con la notifica al contribuente della sentenza. In tal caso il termine per l’impugnazione è di 60 giorni dalla notifica della sentenza. Le stesse considerazioni valgono chiaramente per l’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il contribuente ottenga invece una sentenza favorevole in primo grado.

Le stesse considerazioni valgono per le sentenze di secondo grado. Se si è avuta una sentenza sfavorevole in secondo grado, si può proporre ricorso per Cassazione entro sei mesi dalla data di deposito della sentenza presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale. Se la sentenza è stata notificata dalla controparte, il termine per l’impugnazione è di 60 giorni.

2. Le spese da affrontare qualora il contribuente decida di litigare con il Fisco

Al fine di poter instaurare un contenzioso tributario con l’Agenzia delle Entrate è necessario provvedere al pagamento del contributo unificato. L’importo del contributo unificato è determinato sulla base dei valori che seguono:

  • 30,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 0 e 2582,28 euro;
  • 60,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 2582,29 e 5.000,00 euro;
  • 120,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 5.000,01 e 25.000,0 euro;
  • 250,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 25.000,01 e 75.000,01 euro;
  • 500,00 euro, per controversie aventi un valore compreso tra 75.000,01 e 200.000,00 euro;
  • 1.500,00 euro, per controversie aventi un valore da 200.000,01 euro in su.

Occorre sottolineare che il contributo unificato tributario è dovuto per ogni grado di giudizio da parte del soggetto che intende instaurare la lite. Se, ad esempio, il contribuente ha avuto un esito positivo in primo grado, lo stesso non avrà necessità di appellare la sentenza e conseguentemente non dovrà versare il contributo unificato.

3. Posso proporre autonomamente ricorso

È importante notare che in alcuni casi residuali (per le controversie di valore fino a 3.000 euro), il contribuente può instaurare il giudizio anche senza assistenza tecnica. In tal caso la notifica del ricorso può avvenire anche tramite:

  • ufficiale giudiziario;
  • consegna diretta alla Direzione Regionale dell’Agenzia, che rilascia la relativa ricevuta;
  • spedizione con plico raccomandato senza busta con ricevuta di ritorno.

4. Cosa posso fare se non voglio proporre ricorso contro l’Agenzia delle Entrate? Posso raggiungere un accordo?

È possibile raggiungere un accordo con l’Agenzia delle Entrate nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione.

L’accertamento con adesione – la cui iniziativa è demandata al contribuente mediante la presentazione di una semplice istanza – consente al contribuente di pervenire ad un accordo con l’Agenzia delle Entrate in merito alle imposte dovute, evitando l’insorgenza di una lite tributaria.

Si tratta, in particolare, di un accordo tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo. È importante evidenziare che un accordo con l’Ufficio nell’ambito dell’accertamento con adesione postula che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.

La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

Chi può usufruire dell’accertamento con adesione? Sono ammessi tutti i contribuenti.

Quando si propone un’istanza di accertamento con adesione? Può presentarsi:

  • dopo aver ricevuto un avviso di accertamento;
  • dopo un controllo eseguito dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza (accesso, ispezione, verifica).

Per quali imposte può pervenirsi ad un accordo con l’Ufficio nell’ambito del procedimento di adesione? Possono essere definite le principali imposte dirette (irpef, ires, irap) e le principali imposte indirette (Iva, Imposta sulle successioni e sulle donazioni, imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale, invim, imposta sostitutiva dell’Invim, imposta sostitutiva sulle operazioni di credito, imposta erariale di trascrizione e addizionale regionale all’imposta erariale di trascrizione, imposta provinciale sull’immatricolazione di nuovi veicoli) .

Quali sono i vantaggi di concludere un accordo con l’Ufficio nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione?

Qualora il procedimento di accertamento con adesione si risolva positivamente con l’Agenzia delle Entrate e si pervenga a un accordo in merito alla riduzione dell’imposta accertata, le sanzioni trovano applicazione in misura pari a 1/3 rispetto a quelle dovute.

Occorre altresì considerare che per le contestazioni che hanno anche una rilevanza penale, il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado costituisce una una circostanza attenuante. In tal caso, le eventuali sanzioni penali si riducono fino a un terzo e le sanzioni accessorie non vengono applicate.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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Le opposizioni alle cartelle esattoriali in materia di previdenza

L’obiettivo di questo articolo è quello di delineare le diverse strade che il contribuente può perseguire quando riceve la notifica di una una cartella di pagamento attinente a crediti dell’INPS da parte di Equitalia Servizi Riscossione SpA/Agenzia delle Entrate Riscossione.

1. L’iter processuale: tipologia di opposizioni alle cartelle esattoriali in materia di previdenza e lavoro

Per contestare una cartella di pagamento contenente un credito INPS occorre presentare ricorso, generalmente entro 40 giorni dalla notifica dell’atto stesso, innanzi al Tribunale – Sezione Lavoro, territorialmente competente. 

a) opposizioni alle cartelle esattoriali ai sensi della legge 24 novembre 1981 n. 689
Detto rimedio è esperibile nell’ipotesi in cui la cartella esattoriale, o l’avviso di messa in mora, è emessa senza essere preceduta dalla notifica dell’ordinanza/ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione, onde consentire all’interessato di “recuperare” l’esercizio del mezzo di tutela previsto appunto da detta legge riguardo agli atti sanzionatori; ciò avviene, in particolare, allorché l’opponente contesti il contenuto del verbale che è da lui conosciuto per la prima volta al momento della notifica della cartella. È possibile, impugnare la cartella per prescrizione – quinquennale – del credito INPS.

b) opposizione all’esecuzione avverso la cartella di pagamento o l’avviso di mora ovvero atti esecutivi o cautelari (pignoramenti, iscrizioni ipotecarie, fermi amministrativi)
Si verifica allorché si contesti la legittimità dell’esecuzione per omessa notifica della cartella stessa e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione al ruolo, o si adducono fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, come, ad esempio, la prescrizione maturata dopo la notifica della cartella ovvero l’intervenuto pagamento del tributo etc.

c) opposizione agli atti esecutivi
Detto tipo di opposizione è esperibile nel caso in cui si contesti da parte dell’interessato la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti alla notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora.

Qualora il contribuente ottenga una sentenza sfavorevole in primo grado è possibile proporre appello entro sei mesi dalla data di deposito della sentenza, depositando ricorso presso la Corte d’appello del circondario del Tribunale che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

Si pensi a una sentenza depositata il 16 luglio 2020. La scadenza dell’appello è il 16 gennaio 2021 (6 mesi fino al 16 gennaio 2020).

Tali termini non si applicano ove l’Agenzia delle Entrate Riscossione abbia notificato la sentenza al procuratore domiciliatario (cioè, all’avvocato) del contribuente. In tal caso il termine per l’impugnazione è di 30 giorni dalla notifica della sentenza. Le stesse considerazioni valgono chiaramente per l’Agenzia delle Entrate Riscossione, nel caso in cui il contribuente ottenga invece una sentenza favorevole in primo grado.

È importante notare che ove la scadenza del termine per proporre appello intercorra durante il mese di agosto, non si applica la cosiddetta sospensione feriale, in quanto siamo di fronte al c.d. Rito Lavoro, che non prevede detta sospensione. 

Le stesse considerazioni valgono per le sentenze di secondo grado. Se si è avuta una sentenza sfavorevole in secondo grado, si può proporre ricorso per Cassazione entro sei mesi dalla data di deposito della sentenza presso la cancelleria della Corte di Appello ovvero 60 giorni dalla notificazione della sentenza al procuratore della parte.

2. Le spese da affrontare in caso di opposizioni alle cartelle esattoriali

Al fine di poter instaurare un contenzioso tributario con l’Agenzia delle Entrate è necessario provvedere al pagamento del contributo unificato. 

L’articolo 9 Decreto Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115 al co. 1-bis prevede che “nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché’ per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima Dichiarazione, superiore a tre volte l’importo previsto dall’articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all’articolo 13, comma 1”. Tale limite è attualmente pari a € 34.481,46.

L’importo del contributo unificato è determinato sulla base dei valori che seguono:

1° Grado

  • Valore fino a € 1.100,00, Contributo € 43,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 1.100,00 e fino a € 5.200,00, Contributo € 98,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 5.200,00 e fino a € 26.000,00, Contributo € 237,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 26.000,00 e fino a € 52.000,00, Contributo € 518,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 52.000,00 e fino a € 260.000,00, Contributo € 759,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 260.000,00 e fino a € 520.000,00, Contributo € 1.214,00 (ridotto al 50%)*
  • Valore superiore a € 520.000,00, Contributo € 1.686,00 (ridotto al 50%)*

* Ai sensi dell’articolo 13 punto 3 DPR 115/02 nelle controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, salvo quanto disposto dall’articolo 9, comma 1-bis, il contributo unificato è ridotto alla metà”.

Occorre sottolineare che il contributo unificato tributario è dovuto per ogni grado di giudizio da parte del soggetto che intende instaurare la lite. Se, ad esempio, il contribuente ha avuto un esito positivo in primo grado, lo stesso non avrà necessità di appellare la sentenza e conseguentemente non dovrà versare il contributo unificato. 

3. Posso proporre da solo il ricorso?

Non è possibile proporre autonomamente il ricorso innanzi al Tribunale, essendo di contro obbligatoria la difesa tecnica con un avvocato.

Il presente articolo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo.

Le considerazioni in esso espresse non necessariamente si rendono applicabili al tuo caso concreto.

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